Tre donne che prima di diventare sante sono state indemoniate

Terribili. Così si possono definire le drammatiche battaglie contro i demoni di Cristina di Stommeln, della Beata Eustochio di Padova e Mariam Baouardy. Sante indemoniate. Che hanno trascorso diversi anni della loro vita a lottare contro il diavolo. Vessate, possedute, umiliate, alla fine lo hanno sconfitto grazie ad una fede profonda, immensa e all’aiuto di sacerdoti e frati che hanno saputo fronteggiare le violente tentazioni di Satana. Marco Tosatti in Santi indemoniati (ed. Chorabooks) racconta in particolare tre storie: quelle di Cristina di Stommeln, della Beata Eustochio di Padova, di santa Mariam Baouardy.

Cristina di Stommeln
Christina Stumbelensis: della sua vita di vessata, ossessionata e a tratti con grande probabilità posseduta possediamo dei “reportages” diversi; una biografia anonima, la biografia che di lei scrisse un frate domenicano svedese, Pietro di Dacia, con cui visse una lunga, appassionata e casta relazione, un vero amore mistico “in Cristo”, ed alcune lettere. E, naturalmente, di lei si parla negli “Acta sanctorum” dei Bollandisti, in latino, l’opera colossale intrapresa dai gesuiti belgi per raccogliere e tramandare nel tempo gli atti e le imprese di santi e beati.
Da piccola è mistica e visionaria, poi la vita di Christina cambia a 15 anni, in conseguenza di un suo desiderio di partecipare in forma più diretta alle sofferenze della croce. «Avendo desiderato avere qualche cosa che le ricordasse la Passione di Cristo, ricevette le stigmate sulle mani, sui piedi, sulla fronte e sul fianco, e da allora, fino all’età di quarantacinque anni, sopportò ogni genere di tormenti e di tentazioni diaboliche».
Comincia, in una forma paradossalmente festosa, il calvario delle vessazioni: «Una notte, mentre filava, o si dedicava a qualche altro lavoro al chiaro di luna, accadde che i demoni le apparissero sotto forma di angeli, facendosi luce con grandi ceri e suonando la tromba, e altri strumenti, così che ella credesse che era un omaggio reso ai suoi meriti. Agirono così mentre pregava….Ma istruita dallo Spirito Santo, non levò gli occhi, non interruppe la sua orazione, così che i suonatori di tromba si ritirarono pietosamente».
Subito dopo, accade un evento apparentemente inspiegabile, ma che può far supporre qualche genere di intervento “esterno” sulla giovane Cristina: «Nella chiesa dei Frati Predicatori di Colonia perse conoscenza. Trasportata all’ospedale, ci restò così tre giorni e tre notti. Le sue compagne pensarono che avesse perso la ragione, o che fosse colpita da epilessia e minacciata di restare pazza fino alla fine della vita».
E’ a questo punto della vita di Cristina che gli attacchi diabolici cominciano a farsi decisamente più pesanti, fino a giungere a ipotizzare la possibilità di una vera e propria possessione. E’ una tipologia che i sacerdoti che praticano la pastorale dell’esorcismo conoscono bene, e cioè il rifiuto del sacro, collegato a una spinta all’autodistruzione senza motivazioni evidenti nella vita della futura beata.
Leggiamo che cosa scrive, la biografia: «Tenendosi una volta ai piedi del suo letto sotto l’apparenza di san Bartolomeo apostolo, il diavolo le disse: “Dal momento che desideri così vivamente giungere al regno dei cieli, sono venuto a mettermi d’accordo con te affinché tu ti distrugga e così tu sia una martire di fronte a Dio”. Questa tentazione durò circa sei mesi».
La liberazione, parziale e temporanea, avvenne in maniera quasi miracolosa. Facendosi forza andò a messa, e «Un giorno, all’elevazione dell’ostia, vide il Bambino Gesù nelle mani del prete: “Sono Gesù Cristo – le disse – il tuo sposo, vero Dio e vero uomo”. Vedendo e sentendo questo, sentì il cuore venirle meno, e quando rinvenne, la luce della fede si manifestò nella sua anima e fu sbarazzata dei suoi dubbi».

Beata Eustochio di Padova
Con una straordinaria quantità di understatement quella della beata Eustochio, giovane donna della Padova ricca, gaudente e mondana del XV secolo, si può definire una vita tragica.
La sua nascita non fu proprio legittima, Lucrezia Bellini nacque a Padova nel 1444, da una monaca del monastero benedettino di San Prosdocimo e da Bartolomeo Bellini; a quattro anni il demonio s’impadronì del suo corpo, senza toglierle l’uso della ragione, tormentandola praticamente per tutta la vita.
A sette anni fu affidata alle monache di San Prosdocimo che gestivano nel monastero una forma di educandato. A 18 anni ottenne la consacrazione come suora benedettina e prese il nome di Eustochio. Ma furono anni terribili nel convento. Perché la presenza demoniaca che perseguitava Lucrezia scatenava continuamente il panico tra le religiose: da una strana malattia di cui fu improvvisamente affetta la badessa a ad aggressioni violente del diavolo a tutte le suore presenti.
Ecco, dalla sua biografia, la descrizione di un momento di possessione della Beata: «Stralunata negli occhi, co’ crini sparsi e rabbuffati, col volto di mille colori, ora digrignava orribilmente i denti, ora tutta dibatttevasi smaniosamente, e contorcevasi come una serpe, e balzava talvolta in alto come una palla, in segno dell’estrema violenza che le faceva il suo spietato tiranno. Tutta la casa era in confusione e in tumulto. Le monache correvano qua e là sbigottite, ed altre si nascondevano per paura, altre fremevano per dispetto».
Eustochio venne legata ad una colonna per molti giorni. «E sicuramente non furono giorni felici: “nè può spiegarsi abbastanza quanto in questo tempo ella soffrisse dal suo crudo carnefice. Parevale che ora gli stracciasse brano a brano le viscere, ora facesse forza per strangolarla. Talvolta la percoteva aspramente, e con tanta rabbia, che sotto la tempesta de’ colpi veniva meno, e si sentiva morire».
Quando la possessione si acquietò, le monache chiesero ad Eustochia di lasciare il convento. Provò a convincerla anche il fratello. Ma lei non voleva spostarsi. Allora fu fatta trasferire, per un periodo, in una prigione del convento. Mentre il suo confessore tentava di scacciare la presenza del diavolo dal suo corpo, invano.
Il demonio talvolta obbediva al confessore, ma al contempo si rifiutava di andarsene, quando con la stessa autorità Salicario gli ordinava di lasciare tranquilla Eustochio? «Non altra credo io esser di ciò la ragione, – scrive il biografo padre Cordare – se non perchè Iddio avea preordinato di sollevare Eustochio ad una santità eminente per mezzo appunto delle diaboliche vessazioni. Questa fu senza dubbio la causa, per cui Iddio tolse agli esorcismi l’efficacia in ordine al discacciamento totale del maligno spirito, lasciando loro per altro quella di reprimerne la violenza, ed ammorzarne il furore».
Ci fu una parziale liberazione, narra il biografo, durante una visita a San Luca, suo protettore: «Non però ottenne la totale liberazione dallo spirito infernale, o perchè non la chiese, o perchè non era espediente per lei». Il clima nuovo che si respirava nel monastero fece sì che Eustochio fosse ammessa, per decisione comune, alla solenne professione dei voti; il che avvenne il 25 marzo 1465, quando Eustochio aveva ventun’anni.
Morì il 13 febbraio 1469 a soli 25 anni, la sua fine fu così serena che il suo volto poté riacquistare l’antica bellezza; il demonio solo poche ore prima l’aveva lasciata finalmente in pace.

Santa Mariam Baouardy
E’ la sonnolenta Palestina dell’Impero ottomano nella metà dell’800 il panorama in cui muove i primi passi Mariam Baouardy, la “piccola santa araba”, l’unica finora dei figli di Ismaele a godere di tanta distinzione, elevata agli onori degli altari da Giovanni Paolo II il 13 novembre 1983.
La sua vita fu molto difficile sin da bambina. I genitori morirono poco dopo la nascita e fu crescita da una zia. Quando le annunciò la volontà di consacrarsi la sua decisione non fu ben vista e ne soffrì tanto. Volle fuggire di casa con l’aiuto di un ex domestico musulmano che tentò di ucciderla perché gli aveva parlato della sua ferrea fede cattolica.
Dopo una serie di peripezie tra Israele, Libano e Turchia, riuscì ad approdare a Marsiglia, in Francia, dove fu accettata dalle Sorelle di San Giuseppe dell’Apparizione. Fu qui che dopo un percorso spirituale ebbe la consacrazione diventando suor Maria di Gesù Crocifisso.
«Fino a quel momento, il demonio non ha potuto provarle che con la malattia; ottenne allora di poterla attaccare personalmente», scrive padre Estrate, nella sua biografia, pubblicata a Parigi nel 1916. «Cominciò con la lettura. Ogni volta che la novizia vuole prendere la sua lezione, il demonio le impedisce di vedere le lettere. Ricorre all’acqua benedetta per scacciare il demonio. Dal momento che la tentazione si ripresentava spesso, la priora volle che ella chiedesse a Dio se doveva continuare a prendere lezioni, o interromperle».
In sonno, Maria riceve una risposta da Gesù: “Figlia mia, avresti troppo orgoglio, se tu imparassi troppo presto a leggere: questa scienza non ti è necessaria. Tre cose ti bastano: guardami e pensami; sii in tutto l’ultima di tutte; obbedisci ciecamente”.
Le vessazioni e gli altri fastidi crescevano man mano di intensità. Suor Maria aveva ottenuto di fare, per un periodo di quaranta giorni, un digiuno a pane e acqua, secondo l’intenzione del Papa. Satana, racconta il biografo, fece di tutto per farglielo abbandonare.
La gettò, un giorno, con violenza contro una porta il cui chiavistello di ferro le fece una ferita profonda; ma chiese di continuare il suo digiuno a dispetto della viva sofferenza che provava. Un altro giorno la lanciò dall’alto delle scale.
Un’altra vessazione, ripetuta molte volte, toccava il cibo. «Quante volte non scoprì nella sua porzione, al refettorio, un formicolio di vermi! Spesso avvertiva, in quello che le veniva servito, un odore di cadavere. Tuttavia ella mangiava tutto, felice che Satana le fornisse queste occasioni di mortificarsi. Talvolta questo spirito infernale le rubava il suo pezzo di pane, da cui non aveva strappato che due bocconi; talvolta scagliava la sua scodella nel mezzo del refettorio; la novizia, senza sconcertarsi, chiedeva il permesso di raccogliere con la lingua la zuppa così dispersa dalla mano del diavolo, e quest’atto di umiltà non faceva che aumentare la rabbia del tentatore».
La biografia sostiene che il demonio avrebbe preso la forma di suor Maria, e sotto questo travestimento si sarebbe recato a trovare le suore; parlando contro la carità, e soprattutto contro l’umiltà. Le religiose, pensando di aver a che fare con la novizia, non sapevano che cosa pensare.
E’ una legione di demoni, secondo padre Estrate, quella che si è impadronita della “piccola araba”. Dicono, per bocca della loro vittima: «Noi non siamo cattivi, noi; noi non siamo che dei piccoli teppisti; quelli che verranno dopo di noi lo saranno molto di più. Durante questi otto giorni, il Padrone ci ha obbligati a obbedire alle due vecchie (la priora e la maestra delle novizie n.d.a.). La settimana prossima, ci vorrà un prete per far obbedire quelli che verranno; e la terza settimana, solo le maniche violette (il vescovo, n.d.a.) potrà ridurci all’obbedienza».
Maria di Gesù Crocifisso non restava da sola nemmeno un istante, giorno e notte, perché a dispetto delle loro dichiarazioni di bontà era evidente che gli spiriti diabolici miravano a ucciderla.
Il momento più drammatico fu quello della “grande possessione”, che doveva durare dal 26 luglio al 4 settembre 1868, documentata dalla testimonianza delle consorelle e dei sacerdoti che furono con lei, giorno e notte, in quel lungo periodo di sofferenza.
Ecco la cronaca di un esorcismo del suo confessore:
“Fino al trentesimo attacco i dolori e le bestemmie non fanno che aumentare. ma anche, niente di più toccante, di più pio, di più bello che le parole pronunciate, dopo ogni nuova lotta, dalla novizia, in unione con Nostro Signore nelle circostanze della sua Passione”, racconta il confessore, l’abate Manaudas. “Unisco la mia voce a quella di Gesù nell’orto degli olivi. Che tu sia benedetto, mio Dio”.
Ma Satana ricomincia: “Preparate la bara! – grida – preparate la bara”! E sputa sulla croce, facendo contorsioni orrende.”Noi siamo cento, noi siamo cento” urla, e abbaia, e i suoi movimenti fanno tremare il letto.
E poi sputi, lanci di oggetti, insulti. Tutto questo scenario durò quotidianamente per più di due mesi fino al giorno della liberazione di Mariam, il 4 settembre.

Aleteia

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