Accettare ciò che non vogliamo

La settimana scorsa ho celebrato la messa domenicale in una casa di cura per persone malate di Aids. Il tema delle letture era la missione di Cristo, della chiesa, dei cristiani. Guardando i volti degli ospiti di quella casa ero molto colpito della dignità e importanza della loro missione. Molte di queste persone non hanno più il dono della parola, se non poche parole pronunciate con difficoltà, e si muovono a stento. Eppure mi veniva chiaro cosa può essere la loro missione. Per condividere con loro ciò che mi scuoteva il cuore ho raccontato questa storia.

Da piccolo, avevo forse otto anni, mio papà passò più di un mese a casa perché dovette subire un intervento chirurgico e ci volle il dovuto tempo di ricupero. Un giorno, durante quel periodo, papà mi guardò e, siccome ero allora il bambino più grande di casa, mi ordinò: — Tad (il mio nome da piccolo era Tad) va al negozio a prendermi delle sigarette —. Mi sentivo schiacciato. Abitavamo un piccolo povero paese nella foresta e l’unico negozio del paese era ormai chiuso. Perciò dovevo andare in un paese vicino che distava poco meno di tre chilometri. Provavo un senso di ribellione, mi sentivo trattato ingiustamente. Ma poi partii piangendo.

Quando arrivai al negozio mi presentai alla cassa. Mio padre — dissi — vuole le sigarette.

La proprietaria me le passò senza esitazione, segnando l’acquisto nel suo libro. Perché mi diede quelle sigarette, a me, un bambino di otto anni? Perché era chiaro che ero stato mandato da mio padre e pertanto le sigarette non erano per me, ma per mio padre. E’ come quando un ambasciatore passa un messaggio del proprio presidente a un capo di stato straniero. Il capo di stato straniero accetta queste parole non come parole dell’ambasciatore, ma del presidente, perché l’ambasciatore parla come il mandato del presidente.

In quel negozio ero in missione: ero mandato da mio padre. E poiché ero in missione, la ma presenza era la presenza di chi mi aveva mandato. Certo, non ero del tutto felice per quella missione, ma accettandola, rendevo mio padre presente là dove non poteva andare.

E possibile per noi, per voi, accettare la volontà del Padre che è nei cieli di stare in questa casa, o in qualunque posto dove arrivate, per scelta sua più che vostra? — ho chiesto ai miei amici malati. E possibile per noi adesso domandare la grazia di poter dire Sì al nostro stare qui per volere del Padre, e perciò stare qui in missione, come i suoi mandati, i suoi missionari? Se questo accade, se possiamo accettare di stare qui perché mandati, allora, anche se costa le lacrime, in questa casa ci sarà la presenza del Padre, la presenza del Dio creatore e salvatore. Sarete la presenza stessa di Dio qui, il Padre visto nel volto dei suoi figli liberi.

Il Vangelo di Matteo ci presenta Gesù dicendo “Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato”. La logica della missione sta qui; dire di sì alla vita nostra, starci per obbedienza a Lui, come i suoi mandati. In questo gesto di grazia e di libertà, in questa nostra volontà che aderisce alla Sua, Egli si rende presente e trasforma la realtà.

In quel momento ho visto gratitudine sui volti di quegli amici, gratitudine di avere anche loro una missione, di servire anche loro per la salvezza del mondo quanto se non di più di chiunque altro. Questo è ciò che rende la nostra vita un avvenimento dinamico proteso verso un compimento straordinario: aderire alla volontà del Padre e stare nel mondo come i suoi mandati, i suoi missionari.

 

Padre Vincent Nagle

Posted in .