Santi che hanno sofferto di depressione ma non si sono arresi

Potreste rimanere sorpresi leggendo i loro nomi. Perfino santi della statura morale di Madre Teresa di Calcutta, ammirata da credenti e non credenti, testimoniano di aver sofferto di qualcosa che suona sorprendente e forse scioccante per chi pensa che i santi vivano in una bolla di perfezione, lontani dalle preoccupazioni quotidiane che interessano gli esseri umani “comuni”: il concetto di “notte oscura dell’anima”. Il più famoso approccio al tema è probabilmente quello del mistico spagnolo San Giovanni della Croce, Dottore della Chiesa, che descrive quella profonda specie di crisi spirituale nel suo celebre poema intitolato proprio La noche oscura del alma (La notte oscura dell’anima, XVI secolo). Dio permette spesso la drastica prova dell’aridità spirituale, della mancanza totale di fervore sensibile, del dubbio riguardo alla Sua esistenza, della rivolta di fronte alle vicende ingiuste della vita, della disperazione davanti alla tragedia o anche alla routine che giorno dopo giorno, mese dopo mese, si riveste di un’insopportabile mancanza di senso. Se Cristo stesso ha sperimentato il dramma del silenzio del Padre nella più nera di tutte le notti, al punto da supplicarlo di allontanare da Lui quel calice durante la preghiera nel Giardino degli Ulivi in attesa della Passione, perché presumere che Dio ci avrebbe risparmiato di sperimentare il dubbio radicale? Perché immaginare che ci avrebbe privato dell’opportunità di scegliere, in modo libero e volontario, di abbracciare la fede o di rifiutarla, di confidare in Lui o di respingerlo, di purificare l’amore o mantenerlo tiepido, fragile, basato su incentivi comodi e deboli? Neanche la vocazione alla vita religiosa rende esente un cristiano dalla prova spirituale. È chiaro che non sempre questa prova è la malattia fisica e psichica che oggi conosciamo come depressione, ma ci sono santi che per i sintomi descritti da loro stessi o da altri biografi molto probabilmente hanno affrontato questa situazione considerata oggi “il male del secolo”. Ecco alcuni santi che probabilmente hanno sofferto di depressione:

Sant’Agostino
Ebbene sì! Una delle più iconiche e sublimi figure rappresentative dell’intensità della conversione cristiana e del potere straordinario della grazia santificante, una delle personalità più ammirate della storia della civiltà occidentale, anche dai non cattolici e dai non cristiani – perfino lui ha affrontato molto probabilmente gli alti e bassi dei neurotrasmettitori e l’instabilità psichica e fisica che oggi la medicina definisce depressione. Sua madre, Santa Monica, ha sopportato con una pazienza quasi incredibile l’imprevedibilità del figlio brillante ma dal temperamento difficile. Agostino cercava con intensa sincerità la verità e il senso dell’esistenza, ma nelle sue vicende turbolente e secondo i propri termini la cercava nell’apparenza delle cose, nella voluttà e nei piaceri dei sensi, lontano da Dio e sempre più lontano da se stesso. “Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create ”, ha scritto nelle Confessioni, capolavoro di spiritualità non solo cristiana, ma universale.
La grazia, però, è stata più irriducibile di lui, e trovando un canale nelle preghiere di sua madre e nell’influenza del grande vescovo Sant’Ambrogio ha portato il ribelle e angosciato Agostino ad arrendersi finalmente a Dio e ad accogliere il Battesimo. E non basta: si è consacrato a Dio ed è diventato egli stesso vescovo.
Dopo la morte della madre e negli oltre quarant’anni in cui è vissuto dopo di questa, la sua personalità si sarebbe manifestata ancora spesso nella propensione alla rabbia implacabile e alla… grave depressione. Sant’Agostino si elevava da quell’abisso attraverso la preghiera, il sacrificio e il lavoro. Tenersi occupato è stato un grande rimedio, sia nelle tante responsabilità di vescovo che nelle molte ore di riflessione, studio e preghiera che lo hanno trasformato in un grande difensore della dottrina della Chiesa.

Santa Flora di Beaulieu
La sua fu un’infanzia normale, ma quando i suoi genitori iniziarono a cercarle un marito si rifiutò e annunciò che avrebbe dedicato la vita a Dio entrando in convento. Quella decisione, presa in un contesto turbolento, scatenò una fase intensa e prolungata di depressione che influiva talmente sul suo comportamento che perfino per le consorelle era una prova convivere con lei. Con la grazia di Dio, il tempo e l’aiuto di un confessore comprensivo, Flora fece un grande progresso spirituale proprio per via della sfida della depressione, che affrontò con impegno.

Sant’Ignazio di Loyola
La forte personalità del grande santo fondatore dei Gesuiti era anche incline a sentimenti di profonda inquietudine e sofferenza. Il senso di certezza e convinzione che mostra nella sua autobiografia (scritta in terza persona) non è arrivato facilmente. Dopo essersi convertito ha dovuto lottare contro un periodo duro di scrupolosità, termine che nell’ascesi cristiana si riferisce alla tentazione di sentirsi sempre in condizione di grave peccato per la minima mancanza personale nel compimento dei propri doveri e nel vivere le virtù. Questa prova è stata seguita da una depressione così grave che è arrivato a pensare al suicidio. Dio lo ha tirato fuori dall’abisso delle tenebre e della sofferenza interiore ispirandogli grandi cose da realizzare nella vita in nome di Cristo e della sua Chiesa. Lo stesso Ignazio, nei suoi Esercizi Spirituali, definisce “desolazione” l’esperienza che ha affrontato: uno stato di grande inquitudine, irritabilità, sconforto, insicurezza riguardo a se stesso e alle proprie decisioni, dubbi che lo terrorizzavano, grande difficoltà nel perseverare nelle buone intenzioni… Secondo Ignazio, Dio non provoca la desolazione, ma la permette per “scuoterci” come peccatori e chiamarci alla conversione. Sulla base della sua esperienza, Sant’Ignazio offre tre consigli per reagire alla desolazione: non desistere né alterare una buona risoluzione interiore; intensificare la conversazione con Dio, la meditazione e le buone azioni; perseverare con pazienza, perché la prova è strettamente limitata da Dio, che darà sollievo al momento opportuno. Ha scoperto, insomma, che la depressione può essere una grande sfida spirituale e un’ottima opportunità per crescere.
Questi consigli sono sempre perfettamente validi, ma oggi è fondamentale aggiungerne un quarto: cercare l’aiuto medico adeguato. I progressi della medicina mostrano chiaramente che nella maggior parte dei quadri realmente depressivi l’assistenza a livello psichiatrico è indispensabile per riequilibrare i neutrotrasmettitori, perché si tratta di una malattia propriamente detta e non solo di una “fase di tristezza”. La cura della depressione clinica ha due strade interdipendenti: il lavoro interiore personale, che può essere accompagnato da un buon psicologo o orientatore qualificato, e il lavoro della medicina, accompagnato da uno psichiatra serio e ben aggiornato.

Santa Giovanna Francesca di Chantal
Per otto anni visse felice il suo matrimonio con il barone di Chantal, ma quando il marito morì il suocero, vanitoso e testardo, la costrinse ad andare ad abitare con lui insieme ai tre figli, provocando una routine di continui dissapori, dure prove di pazienza e… depressione. Anziché cadere nell’autocommiserazione, come è purtroppo comune da sempre, Santa Giovanna scelse di mantenere l’allegria e di rispondere alla crudeltà del suocero con carità e comprensione. Anche dopo aver stabilito un’amicizia cordiale e santa con il grande vescovo San Francesco di Sales e aver lavorato con lui per creare un ordine religioso per donne anziane, Giovanna continuava a sperimentare momenti di grande sofferenza e giudizio ingiusto, ma rispose sempre con gioia, duro lavoro e spirito rivolto a Dio. A proposito, San Francesco di Sales ha un ottimo consiglio da offrire a chi subisce questa prova: “Rinfrancati con musiche spirituali, che spesso hanno costretto il demonio a porre fine ai suoi trucchi, come nel caso di Saul, il cui spirito maligno si è allontanato da lui quando Davide ha suonato la sua arpa davanti al re. È anche utile lavorare attivamente, e con tutta la varietà possibile, per allontanare la mente dalla causa della sua tristezza”.

San Natale Chabanel
Sacerdote gesuita, martire nordamericano, lavorò tra gli indiani huron con San Carlo Garnier. In generale i missionari svilupparono una grande empatia nei confronti di coloro che evangelizzavano, ma non era il caso di padre Natale: provava ripugnanza per gli indios e i loro costumi, oltre all’immensa difficoltà a immparare la loro lingua, del tutto diversa da qualsiasi lingua europea, per non parlare delle sfide brutali che comportava la vita in un ambiente quasi selvaggio. Tutte queste prove suscitarono in lui un senso costante di soffocamento spirituale. Come vi rispose? Facendo voto solenne di non desistere mai e di non abbandonare la sua missione. E mantenne quel voto fino al giorno del suo martirio.

Santa Elizabeth Ann Seton
La prima santa nata sul suolo statunitense soffriva di una sensazione continua di solitudine e malinconia, così profonda che pensò varie volte di uccidersi. Ebbe molti problemi nella sua vita, collegati soprattutto alla sua famiglia. Letture, musica e il mare la aiutarono ad essere più allegra. Quando si convertì, l’Eucaristia e la carità divennero la sua grande forza quotidiana.

San Giovanni Maria Vianney
Noto come Curato d’Ars, è uno dei sacerdoti più amati nella storia della Chiesa, modello di parroco zelante e di pastore che superò le sue tante e gravi limitazioni intellettuali per guidare le anime con maestria sulla via della vita di grazia. Nonostante tutto il bene che faceva, non riusciva a capire la propria importanza agli occhi di Dio e conviveva costantemente con un forte complesso di inutilità personale, sintomo della depressione che lo ha accompagnato per tutta la vita. Nei momenti più difficili ricorreva al Signore, e malgrado la sofferenza rinnovava la determinazione di perseverare nel suo lavoro con fiducia, fede e amore per Dio e per il prossimo.

Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein)
La santa carmelitana scalza nata ebrea e cresciuta atea ha sofferto a lungo di depressione, arrivando a scrivere: “Mi sono ritrovata gradualmente in una profonda disperazione… Non riuscivo ad attraversare la strada senza desiderare che una macchina mi investisse e non ne uscissi viva”. Da prima della sua conversione, soprattutto nelle tante occasioni in cui fu disprezzata e umiliata per il fatto di essere donna e di origine ebraica, Edith soffrì intensamente di depressione. Intellettuale, filosofa, discepola e assistente di Edmund Husserl, il fondatore della fenomenologia, alla fine trovò in Dio la Verità che tanto cercava, a partire dalla lettura delle opere di Santa Teresa di Gesù. Abbracciò allora la grazia con una sete tale che da questa traeva la forza per affrontare non solo le sue dolorose sofferenze interiori, ma anche le tenebre mortali del nazismo. Edith Stein, che nel convento carmelitano adottò il nome religioso di Teresa Benedetta della Croce dopo essersi convertita ed essersi consacrata radicalmente a Dio, fu in grado di perseverare fino al martirio, mantenendo la lucidità, la fede, la speranza e l’amore perfino nella prigionia e nella morte a cui venne sottoposta in modo codardo nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau. Questa fine della vita terrena sembra particolarmente deprimente? Lo è, ma visto che tutto in questa vita ha più di un lato, Edith ha affrontato questa situazione estrema con la serenità e la pace di spirito di chi aveva imparato a rapportarsi agli alti e bassi della depressione, andando al di là di ciò che è immediato e abbracciando una vita che non finisce perché è eterna, e che è in grado di brillare anche nelle tenebre più dense della morte in un campo di concentramento.

Aleteia

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