«Dio,
tu hai scelto di farti attendere
tutto il tempo di un Avvento.
Io non amo attendere.
Non amo attendere nelle file.
Non amo attendere il mio turno.
Non amo attendere il treno.
Non amo attendere prima di giudicare.
Non amo attendere il momento opportuno.
Non amo attendere un giorno ancora.
Non amo attendere perchè non ho tempo
e non vivo che nell’istante.
D’altronde tu lo sai bene,
tutto è fatto per evitarmi l’attesa;
gli abbonamenti ai mezzi di trasporto
e i self-service,
le vendite a credito
e i distributori automatici,
le foto a sviluppo istantaneo,
i telex e i terminali dei computer,
la televisione e i radiogiornali…
Non ho bisogno di attendere le notizie:
sono loro a precedermi.
Ma tu Dio
tu hai scelto di farti attendere
il tempo di tutto un Avvento.
Perchè tu hai fatto dell’attesa
lo spazio della conversione,
il faccia a faccia con ciò che è nascosto,
la fatica che non logora.
L’attesa, soltanto l’attesa,
l’attesa dell’attesa,
l’intimità con l’attesa che è in noi
perchè solo l’attesa
desta l’attenzione
e solo l’attenzione
è capace di amare.
Tu ti doni già nell’attesa,
e per te, Dio,
il verbo attendere,
si coniuga come pregare».
J. Debruyrnne, Ecoute, Seigneur, ma prière.