SPIEGAZIONE E COMMENTO ALLA PREGHIERA
DELL’AVE MARIA
Ave
Composta di due parti, l’Ave Maria è fra le preghiere più diffuse e amate dell’intera cristianità. Una prima parte, di lode, precede una seconda di più schietta supplica. Questa prima parte, di chiaro riferimento biblico, è la lode per eccellenza a Maria, perché composta da parole rivelate, contenute nel Vangelo. Questa lode costituisce per noi un filo spirituale che si dipana dall’Angelo e da Elisabetta per secoli sino ai nostri giorni.
La lode inizia con le parole del saluto rivolto dall’angelo Gabriele a Maria: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1, 28). L’invito a gioire (kàire, nell’originale Vangelo di Luca, in greco) è sostituito nella preghiera con il saluto latino “ave”. Il medesimo invito alla gioia rivolto a Maria, che ella ha accolto e realizzato pienamente, è infatti rivolto anche a noi, ogni giorno.
Maria, piena di grazia,
Il nome Maria, inserito nella preghiera, prende il posto del piena di grazia delle parole dell’Annunciazione, creando una sovrapposizione: la Vergine è la piena di grazia (Kekaritoméne) per eccellenza, ricolma di Spirito Santo, compimento di Israele, primizia della Chiesa e modello di ogni cristiano.
Nel nome Maria è anche inscritto il destino della Vergine. Se ne accogliamo l’origine egizio-ebraica, il significato del nome risulta essere “amata da Dio” (la radice egizia Myr vuol dire “amata”, l’ebraica yam è l’abbreviazione di Iahvè). Se guardiamo invece al mondo aramaico, il significato è di “principessa”, “grande signora”. In entrambi i casi, il nome racchiude in sé tutto il significato e il mistero di colei che ha generato il Figlio di Dio.
il Signore è con te.
Questa formula, applicata a Maria, ci apre orizzonti ampissimi. Nella Bibbia questa espressione ricorre nel sottolineare la vicinanza di Dio al Suo popolo, spesso nell’ottica dell’Alleanza, della quale l’arca è il simbolo visibile e concreto. La Vergine stessa, nel contesto della Nuova Alleanza, è la Nuova Arca, nella quale lo Spirito Santo realizza e irradia la Sua azione.
Le parole assumono altresì un significato consolatorio e di rassicurazione, rispondendo direttamente alla più che umana domanda di Maria all’Angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?» (Lc 1, 34). L’Angelo la rassicura: non deve temere nulla, finché il Signore è con lei, perché «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1, 34).
In aggiunta a questo, la vicinanza del Signore a Maria prende un significato di prossimità anche fisica: Dio, Cristo, è veramente dentro Maria, incarnato nel suo ventre.
Tu sei benedetta fra le donne
Queste parole, insieme a quelle successive, sono quelle di Elisabetta, cugina di Maria, per come ce le riferisce il Vangelo di Luca (Cf. Lc 1, 42). Elisabetta, rischiarata dallo Spirito Santo, riconosce in Maria «la benedetta fra tutte le donne». Anche il figlio che Elisabetta porta in grembo nonostante l’età avanzata, partecipa – ed anzi anticipa – della gioia della madre: «ppena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo» (Lc 1, 44). Maria è la bendetta da Dio, Creatore, autore della vita, in azione in modo del tutto speciale in Maria.
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Elisabetta, dopo aver riconosciuto Maria come la benedetta fra le donne, riconosce il frutto benedetto che ella porta nel proprio ventre. Una qualifica già anticipata a Maria dall’Angelo a proposito di Gesù: «sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo» (Lc 1, 32). Gesù, frutto delo Spirito Santo (Cf. Lc 1, 35; 4, 18) e di Maria è il Benedetto per eccellenza, delle stessa natura di Dio, eppure pienamente frutto del seno di Maria: tanto fu, infatti, soprannaturale il concepimento, quanto normale fu la gestazione della Vergine. Per nove mesi, come ogni altra donna, Maria portò il Verbo fatto carne nel proprio utero, ne percepì i movimenti, lo alimentò, lo vide crescere nella rotondità del suo ventre. Possibile che Maria, come ogni madre, abbia trasmesso al Cristo qualcosa dei propri lineamenti, del colore della propria pelle, il colore dei propri occhi, qualcosa del proprio carattere. Dopo aver accolto l’azione divina nella propria anima e nella porpia vita con il suo “sì” all’opera di Dio, Maria ne accolse il frutto nel proprio corpo. Un “frutto” chiamato Gesù, nome frequente fra gli Ebrei del tempo, letteralmente «Iahvè salva».
Santa Maria,
La proclamazione della santità di Maria ci introduce nella seconda parte della preghiera, che, pur mantenendo indissolubili legami con le Sacre Scritture, è stata composta in seno alla Chiesa. Per quanto l’attributo della Santità appartenga soltanto a Dio in modo pieno ed esclusivo, in una maniera che totalmente trascende la natura umana, Maria è detta santa. Come è possibile questo? Molte sono le persone e le cose ad essere dette “sante”: il popolo di Israele, i Profeti, gli Apostoli, ; santa è la Chiesa; santi il tempio, l’altare, Gerusalemme. Santo è ciò che entra in relazione con Dio e partecipa della Sua santità. Sato è chi imita, con tutti i limiti umani, l’inarrivabile santità di Dio: «Questa infatti è volontà di Dio, la vostra santificazione» (1Ts 4, 3). Alla base di questa imitazione di Dio sono Cristo, maestro e modello supremo, e lo Spirito Santo, elargitore di grazie.
Madre di Dio,
Il ruolo di Maria come genitrice, letteralmente colei che ha generato, di Cristo è molto ben sottolineata dalle Chiese orientali, con l’appellativo greco di Theotòkos. Come è possibile che una donna generi una Persona divina che è Dio dall’eternità? Maria è madre di Dio perché, in modo mirabile e misterioso, nelle sue viscere e attraverso le sue viscere il Verbo di Dio si incarna. Cristo mantiene la Sua natura pienamente divina – cio che é – e ne assume anche una pienamente umana, attraverso la carne di Maria. Riconoscendo, come già fecero i padri conciliari ad Efeso (431) e Calcedonia (451), che Maria è veramente madre di Dio, noi riconosciamo che Gesù è veramente Dio e veramente uomo. Nessuna creatura umana è stata pensata e poi elevata a così alta dignità: «redenta in modo sublime in vista dei meriti del Figlio suo, e a Lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo, [Maria] è insignita del sommo ufficio e della eccelsa dignità di Madre del Figlio di Dio, e perciò prediletta del Padre e tempio dello Spirito Santo. Per il quale dono di grazia esimia precede di gran lunga tutte le creature, celesti e terrestri» (Conc. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, 53, pp. 164-65).
Prega per noi peccatori,
Chiediamo qui alla Madre di Dio di intercedere per noi presso la Santissima Trinità. Intercedere significa intervenire a vantaggio di qualcuno, ottenere una grazia. Maria può intercedere in quanto è dalla parte di Dio e dalla parte nostra. Quella di Maria è una sorta di “onnipotenza” indiretta: solo Dio è onnipotente, ma Maria può ottenere da Dio ciò che è bene per quei figli bisognosi che Dio stesso le ha affidato (Cf. Gv 19, 26). A Maria ci rivolgiamo consapevoli di essere, come tutti, peccatori, malati di peccato. Ma è proprio per i malati che è venuto Cristo, come ci ricordano i Vangeli (Cf. Lc 5,31; Mc 2,17 Mt 9,12). Non nascondiamo le nostre miserie, ma poniamole invece tutte di fronte al Figlio dell’Altissimo e a Sua madre.
adesso
Chi di noi può dire di non necessitare, proprio ora, di qualche cosa da Dio? E quanto grandi, spesso, sono queste cose! Nell’adesso dell’Ave Maria riecheggia l’oggi del pane quotidiano del Padre Nostro. L’uomo, totalmente bisognoso di Dio, ha bisogno del Suo intervento in ogni momento. Credere il contrario è solo un’illusione.
Ma l’adesso della preghiera è anche una lezione ed un ammonimento per l’uomo, troppo spesso perso nei rimpianti di un passato che non può più essere modificato e nelle illusioni di un futuro ancora irrealizzato ed incerto. In tale atteggiamento l’adesso, l’oggi, il quotidiano, vengono espulsi dalla vita dell’uomo. L’Ave Maria ci insegna a ridare al presente la sua giusta ed importante dimensione; a vivere, sul modello della fiducia di Maria, il nostro oggi con intensità ed operosità, alimentandolo con la memoria del passato e l’attesa del futuro.
e nell’ora della nostra morte.
Fra le cose che il futuro riserva a tutti, inesorabilmente, c’è la morte. Temuta, esorcizzata, allontanata, ignorata, ma inevitabilmente presente. Mettendoci faccia a faccia con le nostre paure, l’Ave Maria ci richiama con forza alla mente questa realtà. Per ben cinquanta volte in un Rosario pronunciamo la tanto temuta parola: morte! Non ci sono trapasso, decesso o dipartita. C’è solo la morte, nella sua onesta crudezza. La nostra fede ci dice che Cristo, morendo, ha distrutto la morte; la nostra natura umana con ogni sua fibra si oppone all’evento. Che cosa possiamo fare, allora? L’Ave Maria, Maria stessa, ci mostra l’unica cosa possibile: guardare Cristo. Cristo affisso sulla croce, insultato e morente; al Suo corpo morto, chiuso nel sepolcro dietro una ietra fatta rotolare; al Cristo veramente ed eternamente vivo, trasfigurato nella gloria delle Risurrezione. Con Gesù come modello e con il sostegno di Maria, la speranza di oggi ci sostiene nel presente e ci dispone con serenità al futuro e a quell’ultima ora. Preghiamo come la beata Elisabetta della Trinità, giovane mistica francese del primo Novecento: «La morte non è altro che il sonno del bambino che si addormenta sul cuore della mamma. Finalmente la notte dell’esilio sarà tramontata per sempre, ed entreremo nel possesso dell’eredità dei santi nella luce». Guardiamo a Maria come a questa nostra mamma.
Amen.