Quando nel 2010 i Carmelitani Scalzi della Provincia di Venezia celebrarono i 300 anni dall’invenzione dello “Spirito di Melissa”, non hanno potuto fare a meno di ricordare il loro più celebre (e involontario?) pubblicitario, Carlo Goldoni.
Lui, il Goldoni, precede solo di tre anni la nascita di questo prodotto, oggi commerciato come articolo di erboristeria, ma in passato considerato quasi come una medicina, in particolare in grado di trarre d’impaccio dalla situazione imbarazzante dello svenimento: proprio con i vapori di melissa nella commedia “Il bugiardo” viene rianimata, dopo un mancamento, la protagonista Rosaura. Goldoni nacque a Venezia, in calle Centani, il 25 febbraio 1707, da una famiglia borghese originaria di Modena.
Speziale e leguleio
Fu formato presso i Gesuiti che seguivano l’antico piano di studi che considerava primo gradino della formazione l’introduzione alle arti cosiddette liberali, distinte in trivio (grammatica, logica, retorica) e quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia), cui faceva seguito la filosofìa. A Perugia studiò soprattutto grammatica e retorica, mentre approfondì la filosofìa a Rimini, ma presso i Domenicani. Intanto la formazione letteraria si perfezionava con la lettura degli antichi autori latini e greci come Aristofane e Menandro, Plauto e Terenzio, ma anche dei più recenti Machiavelli e Cicognini. Nel 1723 il giovane Carlo si avviò agli studi in legge presso il Collegio Ghislieri di Pavia da dove fu cacciato per aver scritto una pungente satira contro le donne di quella città. La laurea giungerà solo nel 1731, a Padova. Durante gli studi esercitò un po’ di «pratica medica» alla scuola del padre Giulio, venditore di balsami e di essenze. Non è fuori luogo che sia stato proprio maneggiando infusi e pomate che il giovane Carlo sia venuto a conoscenza delle recente pozione inventata dagli Scalzi di S. Maria di Nazaret, la prima chiesa che il turista giunto a Venezia in treno incontra uscendo a sinistra dalla stazione e percorrendo il Canal Grande.
Melissa moldavica
I Carmelitani Scalzi erano giunti in laguna nel 1633, e dopo qualche anno avevano posto la loro sede definitiva in Cannaregio, vicino alla chiesa di S. Lucia, in seguito demolita per far posto alla stazione ferroviaria. Da lì si erano diffusi, aprendo conventi nella città più importanti della Repubblica Serenissima, e dando origine alla Provincia religiosa di Venezia.
L’«Acqua di Melissa dei Padri Carmelitani Scalzi» – questa è la denominazione ufficiale – è una associazione di vari oli essenziali sciolti in alcool. L’olio essenziale di melissa è il più importante e il più abbondante. Esso si ricava per distillazione in corrente di vapore da un’erba volgarmente conosciuta come Melissa turca o moldavica, perché ha origine dai Carpazi. Il suo nome scientifico è Dracocephalum Moldavicum che la distingue dalla più nota e diffusa Melissa officinalis.
Le virtù terapeutiche di questo olio essenziale furono scoperte proprio da un carmelitano. Il preparato era già noto nel 1710. Nel 1754 la Repubblica della Serenissima concesse ai Padri Carmelitani di Venezia l’esclusivo privilegio di preparare e vendere il prodotto.
L’ «Acqua di Melissa» è riconosciuta utile a sostegno dei farmaci che stimolano il sistema nervoso: serve, per esempio, in caso di svenimento, capogiro, disturbi allo stomaco e elimina quel senso di malessere durante i viaggi. Da un esame microbiologico l’«acqua di melissa» è risultata inoltre essere un buon antisettico, quindi un coadiuvante nelle affezioni della bocca e della gola (come collutorio), della pelle (acne, dermatiti, micosi) e del cuoio capelluto. È altresì un buon disinfettante sulle ferite ed efficace contro le scottature in genere. Le è riconosciuta anche efficacia contro l’insonnia e gli stati d’ansia.
Goldoni ne ha trattato soprattutto ne «La locandiera». Il conte di Albafiorita e il marchese di Forlipopoli, ospiti della locanda di Mirandolina a Firenze, si contendono il suo amore insieme al cavaliere di Ripafratta, convinto misogino, ma circuito dalla padrona. Così nascono gelosie e liti fra i tre contendenti. Mirandolina però rifiuta il loro amore e concede la propria mano a Fabrizio, cameriere della locanda.
Bevuta a gocce
In quest’opera, mai amata da Goldoni, ma vera fotografia della maturità artistica raggiunta dall’autore, con frequenza appare lo «spirito di melissa». Certo, per curare gli svenimenti. E ce ne sono diversi in una commedia che gioca sulle emozioni dei protagonisti. Ma anche come paragone per il dosaggio: il «vino di Cipro», che Mirandolina giudica «lavatura di fiaschi», ma non secondo il marchese di Forlipo- poli, che lo offre, va bevuto «a gocce come lo spirito di melissa». Più avanti, il cavaliere di Ripafratta, per guadagnarsi l’affetto della locandiera, invia a Mirandolina una boccetta d’oro di melissa, pagata dodici zecchini. Boccetta che cambia continuamente di mano giocando sul dubbio che sia veramente d’oro e non di princisbech (una lega di rame, zinco e stagno, certamente meno preziosa), fino a quando non ritorna definitivamente nelle mani di Mirandolina. Dal marchese viene perfino introdotta l’ipotesi che l’acqua di melissa sia in grado di togliere le macchie. Dejanira, una delle protagoniste, nega questa possibilità, anzi ritiene che invece di pulire allarghi ancora di più la macchia, e forse ha proprio ragione! E così nel 1753 lo spirito di melissa debuttò a teatro.
All’indirizzo melissa.carmeloveneto.it è consultabile il nuovo sito dedicato a questo storico prodotto della nostra Provincia, l’Acqua di Melissa, con informazioni su come impiegare questa preziosa essenza e dove reperirla.