Era prefigurazione antica quella che Genesi ci ha raccontato nella figura di Melchisedek, ed è anche prefigurazione, ormai certo vicina al dono, quella che ora Luca ci ha raccontato nel testo del vangelo, preludio a quella consegna che sarebbe poi accaduta in quella sera drammatica e intensa della vigilia del suo morire, là nel cenacolo. Il preludio di Luca ha delle sottolineature che aiutano a cogliere la ricchezza del dono, da quell’esordio con cui annota: “Il Signore Gesù prese a parlare alle folle del Regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure”, ecco, è dentro un annuncio, il Regno di Dio, e una presa a cuore dei fratelli il segno premonitore dell’eucarestia e dopo di fatto il gesto dell’avere cura della folla, del provvedere al cibo, del distribuirlo quasi personalizzando il dono, riuniti in gruppi seduti sull’erba verde, così da poter ricevere ciascuno qualche cosa, tutto questo segna il futuro dono come espressione di una compassione, di una presa a cuore del Maestro per la folla che lo cerca. E come sentiamo necessarie e vere queste parole per entrare nella comprensione del mistero dell’eucarestia di Gesù. E quando questo poi comincia a diventare davvero dono, anzi, dono che accompagna il cammino quotidiano della giovane comunità cristiana, abbiamo sentito da Paolo che risonanza ha oramai acquistato, con quel brano memorabile della prima lettera ai Corinzi: “Io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso”, è in obbedienza che ripetiamo il gesto della cena del Signore, perché l’abbiamo ricevuta in dono e adesso andiamo regalandocela l’uno con l’altro, una comunità con l’altra, la chiesa intera. E quel fare memoria delle parole e dei gesti dell’ultima cena esprime ancora con maggiore intensità la consegna vera e propria che Gesù fa in quel momento tragico e intensissimo, quel “Fate questo in memoria di me”.
Certo era invito a rinnovarlo quel rito, rito che la tradizione ebraica già sentiva dentro la memoriale annuale della pasqua, ma che ora acquista dimensione e profondità differenti con la pasqua di Gesù. Ma ben oltre l’invito a ripetere il rito questo “Fate questo in memoria di me”, diventa consegna di un vangelo da vivere, sollecitazione a far dono della vita, a perderla, a saperla perdere, perché questa è la consegna del Maestro in quel momento di vigilia, il “questo da fare in memoria di Lui” è il dono della propria vita, ogni volta il rito lo richiamerà, ce lo affiderà come la consegna più vera e più solenne, ma dopo occorre andare oltre il rito, appunto, per far dono della vita. Per questo avvertiamo che l’eucarestia nutre la chiesa, le richiama ciò per cui c’è, le consegna il criterio fondamentale del suo procedere, del suo testimoniare, quest’oggi lo riaccogliamo un dono così, lo celebriamo nella fede, magari avremo anche la possibilità di interiorizzarlo in qualche momento di adorazione e di preghiera, comunque questo è il pane del cammino che nutre, e questa parola ci aiuti a conservarne l’intensità, è molto di più di quello che immediatamente appare. Signore continua a nutrirci nel nostro cammino con questo pane di vita che sei tu.
Monastero S. Maria del Monte Carmelo, Concenedo di Barzio (LC)