Vivere in ostaggio della paura. Non solo possessioni: l’attacco del demonio può manifestarsi anche in questo modo. Come lo ha sperimentato Santa Teresa di Lisieux
Come spiegano Silvio Zonin e Alberto D’Auria in “Il graffio di Satana: percorsi di liberazione” (Sugarco edizioni), dopo la perdita della mamma, a quattro anni e mezzo, Teresa non ha più lo splendore della sua abituale allegria: «Il mio carattere felice cambiò completamente: io così vivace ed espansiva, diventai timida e silenziosa, sensibile all’eccesso«, scrive lei stessa in “Opere complete. Scritti e ultime parole” (Libreria Editrice Vaticana).
Più tardi, a dieci anni, sua sorella Paolina entra nel Carmelo. Dopo qualche mese, a causa di questa seconda perdita, Teresa è vittima di una malattia così strana che lei stessa non riesce a spiegare. Arriva persino a dubitare di aver finto di essere malata. A questo proposito scrive: “Facevo e dicevo cose che non pensavo, quasi sempre sembravo in delirio e dicevo parole che non avevano senso. Eppure sono sicura di non essere stata priva nemmeno un solo istante dell’uso della ragione. Spesso sembravo svenuta, perché non facevo il minimo movimento; tuttavia udivo tutto quello che si diceva attorno a me e mi ricordo ancora di tutto”.
Era una bambina ipersensibile e fino a tredici anni una ragazzina piagnucolona. Rimasta per tutta la vita con la fobia dei ragni. Oltre a questa fobia, Teresa soffre anche di un disturbo del tipo nevrosi ossessivo-compulsiva: «La terribile malattia degli scrupoli… dire ciò che ho sofferto per un anno e mezzo mi sarebbe impossibile».
Anche questo ha sperimentato, dice nella sua auto-biografia. «Credo che il demonio avesse ricevuto un potere esterno su di me, ma che non potesse avvicinarsi alla mia anima né alla mia mente, se non per ispirarmi delle paure grandissime per certe cose, per esempio per delle medicine semplicissime che cercavano di farmi accettare. Ma se il Buon Dio permetteva al demonio di avvicinarsi a me, mi mandava anche degli angeli visibili».
La notte di Natale 1886 segna comunque una svolta decisiva nella sua esistenza. Ritiene che si è inaugurato il più bel periodo della sua vita, il più colmo di grazie del Cielo. Per definire questo avvenimento chiave ricorre a termini impegnativi: miracolo, conversione.
Cosa accade? Dopo la Messa di mezzanotte il suo carissimo papà, infastidito nel vedere le scarpe di Teresa accanto al camino (per accogliere i regali, secondo gli usi tradizionali) commenta: «Bene, meno male che è l’ultimo anno!».
Teresa sente queste parole che la feriscono profondamente. Celina, la sorella che conosce la sua ipersensibilità, le suggerisce di non scendere subito a vedere i regali messi nelle scarpe. «Ma Teresa non era più la stessa, Gesù aveva cambiato il suo cuore. Reprimendo le lacrime, scesi rapidamente la scala e comprimendo i battiti del cuore, presi le scarpe e, mettendole davanti a papà, tirai fuori gioiosamente tutti gli oggetti, con l’aria felice di una regina. Papà rideva, anche lui aveva ripreso il suo buon umore, e Celina credeva di sognare… Fortunatamente era una dolce realtà: la piccola Teresa aveva ritrovato la fortezza d’animo, che aveva perduto a quattro anni e mezzo e l’avrebbe conservata per sempre».
In questo testo autobiografico ci sono dettagli che rivelano la collaborazione di Teresa con la grazia che Gesù le offre. Teresa infatti non sperimenta un cambiamento automatico che all’improvviso si sia impossessato del suo cuore. Per ricevere la grazia deve fare uno sforzo, come richiede ogni cambiamento personale: «Reprimendo le lacrime, scesi rapidamente la scala e comprimendo i battiti del cuore presi le scarpe…».
La trasformazione è tale che, nel giro di quindici mesi, la bambina piagnucolona di un tempo potrà prendere posto tra le figlie di Teresa d’Avila, che esigeva persone robuste.
Il cambiamento radicale di prospettiva è frutto di una profondissima liberazione interiore.
Aleteia