È faticoso pregare. È ancor più faticoso imparare a pregare. Sì può imparare a leggere e scrivere senza maestri, ma occorre essere intuitivi in modo eccezionale e ci vuole tempo. Con un insegnante, invece, è molto più semplice e si risparmia tempo. Così è l’apprendimento della preghiera: si può imparare a pregare senza scuola e senza maestri, ma l’autodidatta rischia sempre di imparare male; chi accetta una guida e un metodo adatto, arriva più sicuro e più in fretta. Ecco dieci tappe per imparare a pregare. Non si tratta però di regole da imparare a memoria, sono traguardi da sperimentare. Perciò è necessario che chi si assoggetta a questo “training” della preghiera si impegni, il primo mese, ad un quarto d’ora di preghiera ogni giorno, poi è necessario che man mano estenda sempre più il suo spazio di tempo per pregare. È la costanza quella che costa di più se si vuole imparare a pregare.
Regola prima
La preghiera è un rapporto interpersonale con Dio: un rapporto Io-Tu. Gesù ha detto: “Quando pregate dite: Padre…” (Lc 11,2). La prima regola della preghiera è dunque questa: nella preghiera realizzare un incontro, un incontro della mia persona con la persona di Dio. Un incontro di persone vere. Io, vera persona e Dio visto come persona vera. Io, vera persona, non automa. La preghiera è dunque un calarmi nella realtà di Dio: Dio vivo, Dio presente, Dio vicino, Dio persona. Perchè la preghiera spesso è pesante? Perché non risolve i problemi? Spesso la causa è semplicissima: nella preghiera non avviene l’incontro di due persone; spesso io sono un assente, un automa ed anche Dio è lontano, una realtà troppo sfumata, troppo lontana, con cui non comunico affatto. Finché nella nostra preghiera non c’è lo sforzo per un rapporto Io-Tu, c’è falsità, c’è vuoto, non c’è preghiera. È un gioco di parole. È una farsa. Il rapporto Io-Tu è fede.
Consiglio
È importante nella mia preghiera che io usi poche parole, povere, ma ricche di contenuto. Possono bastare parole come queste: “Padre,
Gesù, Salvatore; Gesù Via, Verità, Vita”.
Regola seconda
La preghiera è comunicazione affettuosa con Dio, operata dallo Spirito e sorretta da lui. Gesù ha detto: “Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno, ancora prima che gliele chiediate…” (Mt 6,8). Dio è pensiero puro, è puro spirito; non posso comunicare con lui che nel pensiero, attraverso lo Spirito. Non c’è altro mezzo per comunicare con Dio: Dio non posso immaginarlo, se mi creo una immagine di Dio, creo un idolo. La preghiera non è uno sforzo di fantasia, ma un lavoro di concetto. La mente e il cuore sono gli strumenti diretti per comunicare con Dio. Se fantastico, se mi ripiego sui miei problemi, se dico parole vuote, se leggo, non comunico con lui. Comunico quando penso. E amo. Penso e amo nello Spirito. Paolo insegna che è lo Spirito che aiuta questo difficile lavoro interiore. Dice: “Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perchè nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi” (Rm 8,26). Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito dei suo Figlio che grida: Abbà, Padre” (Gal 4,6). Lo Spirito intercede per i credenti secondo i disegni di Dio” (Rm 8,27).
Consiglio
È importante nella preghiera che lo sguardo sia rivolto più a lui che a noi. Non lasciar cadere il contatto del pensiero; quando “la linea cade” riallacciare l’attenzione a lui con calma, con pace. Ogni ritorno a lui è un atto di buona volontà, è amore. Poche parole, molto cuore, tutta l’attenzione tesa a lui, ma nella serenità e nella calma. Mai iniziare la preghiera senza invocare lo Spirito. Nei momenti di stanchezza o di aridità implorare lo Spirito. Dopo la preghiera: ringraziare lo Spirito.
Regola terza
La strada più semplice per la preghiera è imparare a ringraziare. Dopo il miracolo dei dieci lebbrosi guariti uno solo era tornato indietro a ringraziare il Maestro. Disse allora Gesù: “Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?” (Lc 17,11). Nessuno può dire di non essere capace di ringraziare. Anche chi non ha mai pregato è capace di ringraziare. Dio pretende la nostra gratitudine perchè ci ha fatti intelligenti. Noi ci indignamo contro le persone che non sentono il dovere della gratitudine. Siamo sommersi dai doni di Dio dal mattino alla sera e dalla sera al mattino. Ogni cosa che tocchiamo è un dono di Dio. Dobbiamo allenarci alla gratitudine. Non occorrono cose complicate: basta aprire il cuore ad un grazie sincero a Dio. La preghiera di ringraziamento è un grande allenamento alla fede e a coltivare in noi il senso di Dio. Bisogna solo controllare che il grazie esca dal cuore e sia unito a qualche atto generoso che serva ad esprimere meglio la nostra gratitudine.
Consiglio
È importante interrogarsi sovente sui doni più grandi che Dio ci ha fatto. Forse sono: la vita, l’intelligenza, la fede. Ma i doni di Dio sono innumerevoli e tra essi ci sono dei doni di cui non abbiamo mai ringraziato. È bene ringraziare per chi non ringrazia mai, a cominciare dalle persone più vicine, come i familiari e gli amici.
Regola quarta
La preghiera è soprattutto esperienza di amore. “Gesù si gettò a terra e pregava: Abba, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu” (Mc 14,35). È soprattutto esperienza di amore, perchè esistono tante gradualità nella preghiera: se la preghiera è solo un discorrere con Dio, è preghiera, ma non è la migliore preghiera. Così se ringraziate, se implorate è preghiera, ma la preghiera migliore consiste nell’amare. L’amore per una persona non sta nel parlare, nello scrivere, nel pensare a quella persona. Sta soprattutto nel far qualcosa volentieri per quella persona, qualcosa che costi, qualcosa a cui quella persona ha diritto o attende, o almeno gradisce molto. Finchè a Dio parliamo soltanto diamo ben poco, non siamo ancora nella preghiera profonda. Gesù ci ha insegnato come si ama Dio: “Non chi dice: Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre mio… “. La preghiera dovrebbe essere sempre per noi un confronto con la sua volontà e dovrebbe maturare in noi le decisioni concrete per la vita. La preghiera, così, più che un “amare” diventa un “lasciarsi amare da Dio”. Quando giungiamo a compiere fedelmente la volontà di Dio, allora amiamo Dio e Dio può ricolmarci del suo amore. “Chi fa la volontà del Padre mio, questi mi è fratello, sorella e madre” (Mt 12,50).
Consiglio
Legare spesso la preghiera a questa domanda: Signore, che cosa vuoi da me? Signore, sei contento di me? Signore, in questo problema, qual è la tua volontà? Abituarci a scendere sempre nella concretezza: lasciare la preghiera con qualche decisione ben precisa per migliorare qualche dovere. Preghiamo quando amiamo, amiamo quando diciamo qualcosa di concreto a Dio, qualcosa che lui attende da noi o che gradisce in noi. La preghiera vera comincia sempre dopo la preghiera, dalla vita.
Regola quinta
La preghiera è far calare la potenza di Dio nelle nostre viltà e debolezze. “Attingete la forza nel Signore e nel vigore della sua potenza (Ef 6,1). Tutto posso in Colui che mi dà forza” (Fil 4,13). Pregare è amare Dio. Amare Dio nelle nostre situazioni concrete, che significa specchiarci nelle nostre realtà quotidiane (doveri, difficoltà e debolezze) confrontandole con schiettezza con la volontà di Dio, chiedere con umiltà e fiducia la forza a Dio per portare avanti i nostri doveri e le nostre difficoltà come Dio vuole. Sovente la preghiera non dà forza perchè noi non vogliamo veramente quello che chiediamo a Dio. Noi vogliamo veramente superare un ostacolo quando precisiamo a noi stessi con molta chiarezza l’ostacolo e chiediamo con molta schiettezza a Dio il suo aiuto. Dio ci comunica la sua forza quando anche noi tiriamo fuori tutta la nostra forza. Normalmente se chiediamo forza a Dio per il momento, per l’oggi, noi collaboriamo quasi sicuramente con lui per superare l’ostacolo.
Consiglio
Riflettere, decidere, implorare: sono questi i tre tempi della nostra preghiera se vogliamo sperimentare la forza di Dio nelle nostre difficoltà. È bene nella preghiera partire sempre dai punti che scottano, cioè dai problemi che urgono di più: Dio ci vuole a posto con la sua volontà. L’amore non sta nelle parole, nei sospiri, nei sentimentalismi, sta nel cercare la sua volontà e nel farla con generosità. La preghiera è preparazione per l’azione, partenza per l’azione, luce e forza per l’azione. Urge far partire sempre l’azione dalla ricerca sincera della volontà di Dio.
Regola sesta
La preghiera di semplice presenza o “preghiera di silenzio” è importantissima per educare alla concentrazione profonda. Gesù disse: “Venite in disparte con me, in un luogo solitario, e riposatevi un poco” (Mc 6,31). Al Getzemani disse ai suoi discepoli: “Sedetevi qui mentre io prego. Prese con sè Pietro, Giacomo e Giovanni… Si gettò a terra e pregava… Tornato indietro li trovò addormentati e disse a Pietro: Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un’ora sola?” (Mc 14,32). La preghiera di semplice presenza o “preghiera di silenzio” consiste nel mettersi davanti a Dio eliminando parole, pensieri e fantasie, sforzandosi nella calma solo di essere presenti a lui. È la concentrazione il problema più determinante della preghiera. La preghiera di semplice presenza è come un esercizio di igiene mentale per facilitare la concentrazione e avviare la preghiera profonda. La preghiera di semplice presenza è uno sforzo di volontà per renderci presenti a Dio, è uno sforzo di volontà più che di intelligenza. Più di intelligenza che di immaginazione. Anzi devo frenare l’immaginazione concentrandomi su un unico pensiero: di essere presente a Dio. È preghiera perchè è attenzione a Dio. È preghiera faticosa: normalmente è bene prolungare questo tipo di preghiera solo per un quarto d’ora, come avvio all’adorazione. Ma è già adorazione perchè è amore per Dio. Può facilitare molto questo pensiero di De Foucauld: “Guardo a Dio amandolo, Dio mi guarda amandomi”. È consigliabile fare questo esercizio di preghiera davanti all’Eucaristia, oppure in un luogo raccolto, gli occhi chiusi, immersi nel pensiero della sua presenza che ci avvolge: “In lui viviamo, muoviamo e siamo (At 17,28). Santa Teresa d’Avila, la specialista di questo metodo di preghiera, la suggerisce a quelli che sono “continuamente dissipati” e confessa: “Finché il Signore non mi suggerì questo metodo di preghiera, non avevo mai ricavato soddisfazione o gusto dalla preghiera”. Raccomanda: “Non fare lunghe e sottili meditazioni, ma solo guardare a lui”. La preghiera di semplice presenza è un energetico efficacissimo contro l’irriflessione, male radicale della nostra preghiera. È la preghiera senza parole. Gandhi diceva: “E’ meglio una preghiera senza parole che tante parole senza preghiera”.
Consiglio
È lo stare con Dio cie ci cambia, più che lo stare con noi stessi. Se la concentrazione sulla presenza di Dio si fa difficile, è utile usare qualche semplice parola come: Padre, Gesù Salvatore, Figlio, Spirito, Gesù, Via, Verità e Vita. È molto utile anche la preghiera di Gesù del pellegrino russo: “Gesù Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”, ritmata col respiro. Curare la compostezza e la calma. È preghiera di alta classe e insieme accessibile a tutti.
Regola settima
Il cuore della preghiera è l’ascolto. “Maria, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. Marta, invece, era tutta presa dai molti servizi… Gesù disse: Maria ha scelto la parte migliore” (Lc 10,39). L’ascolto suppone di aver capito questo: che il personaggio-chiave della preghiera non sono io, ma Dio. L’ascolto è il centro della preghiera perchè l’ascolto è amore: è infatti attesa di Dio, attesa della sua luce; l’ascolto affettuoso di Dio comprende già la volontà di rispondere a lui. L’ascolto si può fare interpellando umilmente Dio su di un problema che ci assilla, oppure interpellando la luce di Dio attraverso la Scrittura. Normalmente Dio parla quando io sono reparato alla sua parola. Quando in noi imperversano la cattiva volontà o la menzogna, è difficile sentire la voce di Dio, anzi difficilmente abbiamo il desiderio di sentirla. Dio parla anche senza parlare. Risponde quando vuole. Dio non parla “a gettoni”, quando lo esigiamo noi, parla quando vuole lui, normalmente parla quando siamo preparati ad ascoltarlo. Dio è discreto. Non forza mai la porta del nostro cuore. “Io sto alla porta e busso: se uno sente la mia voce e mi apre, io entrerò da lui e cenerò con lui e lui con me” (Ap 111,20). Non è facile consultare Dio. Ma ci sono dei segni abbastanza chiari se siamo nel giusto. Dio, quando parla, non va mai contro il buon senso o contro i nostri doveri, ma può andare contro la nostra volontà.
Consiglio
È importante impostare la preghiera su qualche domanda che inchiodi ogni evasione, come: Signore, che cosa vuoi da me in questa situazione? Signore, che cosa vuoi dirmi con questa pagina di Vangelo? La preghiera che va decisa alla ricerca della volontà di Dio dà nerbo alla vita cristiana, sviluppa la personalità, abitua alla concretezza È solo la fedeltà alla volontà di Dio che ci realizza e ci fa contenti.
Regola ottava
Anche il corpo deve imparare a pregare. “Gesù si gettò a terra e pregava…” (Mc 14,35). Non possiamo mai prescindere del tutto dal corpo quando preghiamo. Il corpo influenza sempre la preghiera, perchè influenza ogni atto umano, anche il più intimo. Il corpo o diventa strumento della preghiera o diventa ostacolo. Il corpo ha le sue esigenze e le fa sentire, ha i suoi limiti, ha i suoi bisogni; spesso può impedire la concentrazione e ostacolare la volontà. Tutte le grandi religioni hanno sempre dato una importanza grandissima al corpo, suggerendo prostrazioni, genuflessioni, gesti. L’Islam ha diffuso la preghiera in modo profondo tra le masse più arretrate soprattutto insegnando a pregare col corpo. La tradizione cristiana ha sempre considerato molto il corpo nella preghiera: è imprudente sottovalutare questa esperienza millenaria della Chiesa. Quando il corpo prega, lo spirito entra subito in sintonia con lui; spesso non succede il contrario: il corpo spesso fa resistenza allo spirito che vuole pregare. È importante perciò cominciare dal corpo la preghiera chiedendo al corpo una posizione che aiuti la concentrazione. Può servire molto questa norma: stare in ginocchio tenendo il busto ben eretto; a spalle aperte la respirazione è regolare e piena, è più facile la concentrazione; braccia rilassate lungo il corpo; occhi chiusi o fissi all’Eucaristia.
Consiglio
Quando si è soli è bene anche pregare a voce alta, allargando le braccia. Certe posizioni dolorose non aiutano la preghiera, così non l’aiutano le posizioni troppo comode. Non scusare mai la pigrizia, ma indagare sulle sue cause. La posizione non è la preghiera, ma aiuta od ostacola la preghiera: bisogna curarla.
Regola nona
Il luogo, il tempo, il fisico sono tre elementi esteriori alla preghiera che incidono fortemente sulla sua Interiorità. “Gesù se ne andò sulla montagna a pregare” (Lc 6,12); “… si ritirò in un luogo deserto e là pregava” (Mc 1,35); “al mattino si alzò quando ancora era buio…” (Mc 1,35); “passò la notte in preghiera” (Lc 6,12); “si prostrò con la faccia a terra e pregava” (Mt 26,39). Se Gesù ha dato tanta importanza al luogo e al tempo per la sua preghiera, è segno che noi non dobbiamo sottovalutare il luogo che scegliamo, il tempo e la posizione fisica. Non tutti i luoghi sacri aiutano la concentrazione e certe chiese aiutano di più, certe di meno. Devo anche crearmi un angolo di preghiera nella mia stessa casa o a portata di mano. Naturalmente posso pregare in qualunque luogo, ma non in qualunque luogo posso concentrarmi con la stessa facilità. Così va scelto con cura il tempo: non qualunque ora della giornata consente una profonda concentrazione. Il mattino, la sera, la notte sono i periodi in cui normalmente la concentrazione è più facile. È importante abituarsi ad un’ora fissa per la preghiera; l’abitudine crea la necessità e crea il richiamo alla preghiera. È importante cominciare con slancio, fare dal primo istante la nostra preghiera.
Consiglio
Siamo noi i padroni delle nostre abitudini. Il fisico si crea le sue leggi e si adatta anche alle leggi che noi gli proponiamo. Le abitudini buone non sopprimono tutte le lotte della preghiera, ma facilitano molto la preghiera. Quando c’è un malessere di salute bisogna rispettarlo: non si deve lasciare la preghiera, ma è importante cambiare il metodo di preghiera. È l’esperienza la migliore maestra per scegliere le nostre abitudini di preghiera.
Regola decima
Per rispetto a Cristo che ce l’ha dato, il “Padre nostro” deve diventare la nostra preghiera cristiana. “Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli…” (Mt 6,9). Se Gesù ha voluto darci lui stesso una formula di preghiera è logico che il “Padre nostro” deve diventare la preghiera preferita su tutte le preghiere. Devo approfondire questa preghiera, usarla, venerarla. La Chiesa me l’ha consegnata ufficialmente nel Battesimo. È la preghiera dei discepoli di Cristo. È necessario che qualche volta nella vita si faccia uno studio prolungato e profondo su questa preghiera. È una preghiera non da “recitare”, ma da “fare”, da meditare. Più che una preghiera è una pista per la preghiera. È utile spesso impiegare un’ora intera di preghiera approfondendo solo il Padre nostro.
Alcune riflessioni
Le prime due parole contengono già in sè due regole importanti di preghiera. Padre: ci richiama anzitutto alla confidenza e all’apertura di cuore verso Dio. Nostro: ci richiama a pensare molto ai fratelli nella preghiera e ad unirci a Cristo che prega sempre con noi. Le due parti in cui è diviso il “Padre nostro” contengono un’altro richiamo importante sulla preghiera: anzitutto essere attenti ai problemi di Dio, poi ai nostri problemi; prima guardare a Lui, poi guardare a noi. Per un’ora di preghiera sul “Padre nostro” può servire questo metodo: primo quarto d’ora: ambientazione alla preghiera “Padre nostro”; secondo quarto d’ora: adorazione “Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà”; terzo quarto d’ora: implorazione “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”; quarto quarto d’ora: perdono “Perdona come noi perdoniamo, non ci indurre in tentazione, liberaci dal Maligno”.