L’articolo di don Maurizio Patriciello, pubblicato il 10 aprile scorso da “Avvenire” con il titolo “Lettera ad Antonietta Gargiulo. Il Signore t’ha chiamata e tu gli hai risposto sì”, è una di quelle cose che, una volta letto, non si può tenere per sé. Troppo forte la testimonianza che raccoglie e la sollecitazione “a ripensare alle nostre vite” che arriva al lettore.
Di Antonietta Gargiulo ha parlato ampiamente la cronaca il 28 febbraio scorso e i giorni successivi: il marito, da cui si era separata, era entrato nella sua casa e aveva ferito gravemente Antonietta, ucciso le loro due figlie di 8 e 14 anni e poi si era suicidato. In molti si sono chiesti allora, che cosa sarebbe successo a quella donna nel momento in cui sarebbe uscita dal coma.
A poco più di un mese da quella tragedia, Antonietta ha voluto mandare un suo messaggio in voce alla comunità “Gesù risorto” che l’ha pubblicato sul proprio sito. Le sue parole sconvolgono:“La mia vita oggi qui è un miracolo” e “l’odio, il male e il rancore non hanno vinto, nei nostri cuori regna un senso di pace, pietà e misericordia” . E poi: “Il vero miracolo è l’amore che ha circondato me e soprattutto le mie bambine. La parola di Dio ha vinto sulla morte”.
“Chi darà a questa mamma orfana due volte la forza per andare avanti? Dove troverà il coraggio per continuare il cammino della vita?” – scrive nel suo articolo don Patriciello, parroco di Caivano in provincia di Napoli, raccontando la sua commozione nell’ascoltare i pensieri di Antonella – e continua: “Le tue non sono parole, sono sangue che sgorga faticosamente dal tuo cuore lacerato. Sei diventata una cosa sola con il Cristo che pende dalla croce”. E ai nostri microfoni confessa che alcuni hanno reagito duramente alle parole della sua Lettera dicendo: non è possibile perdonare! “Ma di fronte ad una esperienza vissuta direttamente da chi è vittima di una tragedia simile – afferma don Maurizio – non si può dire, non è vero”.
Il Signore non ripara dal dolore, scrive nel suo articolo don Maurizio, ma dona la grazia e la forza di sopportarlo e di trasformarlo in dono. E qui sta la grandezza della fede cristiana. “A volte – ribadisce ai nostri microfoni – di fronte al male prendiamo delle scorciatoie, ci chiediamo dov’è il Signore. Il male è un mistero che non capiamo, ma – continua – la fede ci dice che ha un senso, che il mio dolore può diventare concime perché dei fiori possano nascere”.
E ancora don Maurizio racconta di come la testimonianza di Antonietta, da lui riferita in chiesa ai fedeli, li abbia fatti ripensare ciascuno alla propria vita, alle volte in cui non si è riusciti a perdonare una piccola cosa. Quello di Antonietta è infatti un esempio che tocca da vicino e che fa pensare alle parole del Papa nella recente Esortazione apostolica “Gaudete et Exsultate”, dove parla della ‘santità della porta accanto’ . “E’ importante per noi cristiani – sostiene don Maurizio – renderci conto che la fede non è un sentimento, che la Parola di Dio è una spada che taglia e che la nostra vita cristiana si vive nella quotidianità, nel feriale e non solo alla messa nei giorni di festa”.
E conclude: “Aveva ragione Paolo VI quando diceva: ‘il mondo non ha bisogno di maestri ma di testimoni’ “.