Francesco: l’ambiente è un bene collettivo e responsabilità di tutti

“Non dimentichiamo mai che l’ambiente è un bene collettivo, patrimonio di tutta l’umanità e responsabilità di tutti”: cosi il Papa in un tweet per la Giornata mondiale dell’Ambiente, istituita dall’Onu nel 1972 e dedicata quest’anno al tema “Collegare le persone alla natura, in città e in campagna, dai poli all’equatore”. Roberta Gisotti ha intervistato Marco Gisotti, esperto di ambiente, direttore scientifico di Green Factory, a servizio delle imprese per la sostenibilità ambientale: “Collegare le persone alla natura”: un tema che può apparire generico, o forse è giusto puntare proprio alle persone, visto che le istituzioni e la politica procedono a rilento nella difesa della natura? Marco Gisotti:

R. – Le persone sono parte centrale di ogni impegno ambientale; sono loro che devono agire e migliorare l’ambiente intorno a noi e intorno a loro. Quali che siano poi le decisioni della politica – che possono chiaramente rallentare o accelerare – la scelta in ultima analisi è la nostra. Siamo noi che decidiamo quanta energia consumare, se fare efficienza energetica a casa, se usare di più il mezzo pubblico o l’automobile. Sembra poco magari, però è esattamente come quando si vota: ogni voto conta e alla fine diventano milioni e diventano scelte. Le nostre azioni quotidiane diventano piccole scelte, che alla fine incidono globalmente sulla salute di tutto il Pianeta.

D. – Quindi una presa di coscienza dal basso …

R. – Assolutamente sì, ed è necessaria. Uno, perché – ripeto – le singole azioni modificano lo stato della natura, dell’ambiente, le strade, il consumo del suolo, l’acqua che consumiamo o che non consumiamo; due, perché le persone poi hanno veramente il potere di far cambiare idea o di modificare il corso delle leggi, delle istituzioni. In fondo è quello che accadde nel 1972 con la Conferenza di Stoccolma dalla quale nacque la Giornata di oggi che celebriamo ogni anno. Allora le tante persone del modo cominciavano a vedere che qualcosa non andava come i pesticidi nella natura, l’inquinamento nelle grandi città … Alla fine le Nazioni si riunirono per decidere e cominciare a tracciare una linea comune sulle politiche ambientali.

D. – Una Giornata che arriva quest’anno tra due importanti G7 per il futuro verde del Pianeta. Quello recente di fine maggio a Taormina, con il presidente Usa Trump che ha annunciato di voler uscire dagli accordi di Parigi sul clima, e quello di Bologna – l’11/12 giugno – dei ministri dell’Ambiente dei 7 Paesi più industrializzati. Quali scenari si prospettano?

R. – Paradossalmente si prospettano scenari più positivi che in passato, perché se è vero che la notizia di Trump è una notizia pessima, abbiamo però tutto il resto del mondo, la Cina per prima – che è il grande polmone di sviluppo dei prossimi anni, in termini tecnologici e come rischio di inquinamento – che invece vuole prendere impegni precisi; al punto che Europa, Paesi asiatici e Sud America oggi possono ‘pesare’ molto più di Trump. Ricordiamo che la decisione presa dagli Stati Uniti, comunque, non può essere definitiva fino al 2020, anzi entrerà in vigore il giorno dopo la scadenza di questo mandato di Trump.

D. – Quindi, sarà un percorso lungo …

R. – Sì, diciamo che il percorso è lungo e le istituzioni si stanno muovendo a cavallo di questi due G7. Quello che si svolgerà poi nel prossimo weekend specificatamente sull’ambiente non parlerà soltanto del clima. Ricordiamo infatti che in queste ore a New York c’è la Conferenza mondiale sugli oceani. Si parla quindi di tanti aspetti della natura, perché sono tutti strettamente collegati e dobbiamo tenerli tutti insieme se pensiamo e vogliamo progredire e immaginare un futuro migliore per domani.

D. – Questa posizione netta che è stata tanto criticata dal presidente Usa Trump, può in qualche modo aver evidenziato l’importanza invece di procedere unitamente sugli accordi presi non solo a parole ma nei fatti, insomma di superare un po’ quella barriera di ipocrisia, che c’era stata tante volte nei G7?

R. – In parte questo è vero, perché comunque l’azione deve essere globale. Certo che i problemi degli Stati Uniti sono anche interni, perché la settimana scorsa la California ha approvato che entro il 2050 il 100% dell’energia dovrà provenire da fonti rinnovabili e non più fonti fossili. E sta crescendo l’opposizione a Trump, sia sul fronte democratico che all’interno del suo partito. Ricordiamo che Arnold Schwarzenegger, ex governatore repubblicano della California, è il primo ad aver detto a Trump: “Ripensaci”. Trump probabilmente, anzi sicuramente, non ci ripenserà però è evidente che l’unione di tutto il resto del mondo in quella direzione – quindi non solo delle istituzioni – significa che si dà una forte spinta allo sviluppo economico ma anche tecnologico e industriale. Mi spiego meglio con un esempio: le lampadine a basso consumo dieci anni fa non c’erano ed oggi esistono solo queste; quindi sarà sempre di più così anche in altri settori, accadrà per l’industria delle automobili e per le altri grandi fabbriche. Alla fine la decisione di Trump è una decisione antistorica: il resto del mondo sta andando nel futuro, lui per quattro anni terrà l’America ferma!

 

Radio Vaticana

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