La giustizia finale

Quanto è buono Dio con gli uomini retti,
Dio coni puri di cuore!

Ma io per poco non inciampavo,
quasi vacillavano i miei passi,

perché ho invidiato i prepotenti,
vedendo il successo dei malvagi.

Fino alla morte infatti non hanno sofferenze
e ben pasciuto è il loro ventre.

Non si trovano mai nell’affanno dei mortali
e non sono colpiti come gli altri uomini.

Dell’orgoglio si fanno una collana
e indossano come abito la violenza.

I loro occhi sporgono dal grasso,
dal loro cuore escono follie.

Scherniscono e parlano con malizia,
parlano dall’alto con prepotenza.

Aprono la loro bocca fino al cielo
e la loro lingua percorre la terra.

Perciò il loro popolo li segue
e beve la loro acqua in abbondanza.

E dicono: «Dio, come può saperlo?
L’Altissimo, come può conoscerlo?».

Ecco, così sono i malvagi:
sempre al sicuro, ammassano ricchezze.

Invano dunque ho conservato puro il mio cuore,
e ho lavato nell’innocenza le mie mani!

Perché sono colpito tutto il giorno
e fin dal mattino sono castigato?

Se avessi detto: «Parlerò come loro»,
avrei tradito la generazione dei tuoi figli.

Riflettevo per comprendere questo
ma fu una fatica ai miei occhi,

finché non entrai nel santuario di Dio
e compresi quale sarà la loro fine.

Ecco, li poni in luoghi scivolosi,
li fai cadere in rovina.

Sono distrutti in un istante!
Sono finiti, consumati dai terrori!

Come un sogno al risveglio, Signore,
così, quando sorgi, fai svanire la loro immagine.

Quando era amareggiato il mio cuore
e i miei reni trafitti dal dolore,

io ero insensato e non capivo,
stavo davanti a te come una bestia.

Ma io sono sempre con te:
tu mi hai preso per la mano destra.

Mi guiderai secondo i tuoi disegni
e poi mi accoglierai nella gloria.

Chi avrò per me nel cielo?
Con te non desidero nulla sulla terra.

Vengono meno la mia carne e il mio cuore;
ma Dio è roccia del mio cuore,
mia parte per sempre.

Ecco, si perderà chi da te si allontana;
tu distruggi chiunque ti è infedele.

Per me, il mio bene è stare vicino a Dio;
nel Signore Dio ho posto il mio rifugio,
per narrare tutte le tue opere. (Salmo 72)

 

Commento

Il salmista presenta come si sia trovato in difficoltà di fronte alla constatazione che i malvagi, i prepotenti, coloro che fanno soprusi e sono arroganti, siano nella prosperità: “Ben pasciuto è il loro ventre,… sempre al sicuro, ammassano ricchezze”, mentre al giusto le cose non vanno altrettanto bene e spesso è colpito da sciagure. Il salmista non nasconde di aver provato invidia per loro, e stava per vacillare perché l’invidia tentava di aprirlo al dubbio circa la giustizia di Dio. Il salmista si dilunga nel presentare l’azione degli empi, la loro prosperità, proprio per dire quanto la cosa aveva occupato i suoi pensieri. Il salmista reagisce poggiandosi sulla fede, consapevole che se avesse “parlato come loro”, cioè con falsità, arroganza, avrebbe tradito la fede d’Israele, chiamato nel salmo “la generazione dei tuoi figli”. Il salmista quindi non permette che nel suo cuore si collochi il dubbio circa la giustizia di Dio; non il dubbio, dunque, ma solo un problema da risolvere. Cercherà con le sue forze di arrivare alla risoluzione del problema, ma dovrà ammettere che davanti a Dio “stavo come una bestia”, cioè senza intendimento. Solo quando entrò nel santuario per illuminazione divina comprese: “Ecco, li poni in luoghi scivolosi, li fai cadere in rovina”. Dio permettendo all’empio le sue azioni malvagie, poiché rispetta la sua libertà, non lo premia lasciando che goda delle sue ricchezze, poiché in realtà l’empio si viene a trovare “in luoghi scivolosi”, che saranno per lui fatali: “Sono distrutti in un istante! Sono finiti, consumati dai terrori!”.
Il salmista vede cadere l’invidia che provava per la prosperità degli empi e afferma: “Con te non desidero nulla sulla terra”.
Il salmista ha compreso e dichiara: “Il mio bene è stare vicino a Dio”; “nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, per narrare tutte le tue opere”. Il salmista si propone di annunciare le opere del Signore, cosicché la fede di tanti ne sia irrobustita. Difficile stabilire il momento storico della composizione di questo salmo, poiché la situazione che presenta si ripete nel tempo, ma considerando l’esistenza del tempio e della stessa Gerusalemme, si può pensare al tempo prima dell’esilio, quando già gli Assiri avevano un influsso pesante su Israele (2Re 18,13s). Gli empi sono quei giudei che si sono allontanati da Dio e che arrivano a dire, considerando che le loro infamie non appaiono punite da Dio: “Dio, come può saperlo ? L’Altissimo, come può conoscerlo’?”. Con queste parole essi giungono alla menzogna di dire che l’Altissimo si disinteressa degli uomini: è la perversione di un Israelita. Il salmo 93,v.7 presenta lo stesso pensiero degli empi: “Il Signore non vede, il Dio di Giacobbe non intende”.

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