La Via Francigena

La Via Francigena, Franchigena, Francisca o Romea, è parte di un fascio di vie, dette anche vie romee, che conducevano dall’Europa occidentale, in particolare dalla Francia, a Roma.

Nel meridione d’Italia, in particolare in Puglia, è attestata inoltre una via Francesca, legata alla pratica dei pellegrinaggi, che taluni accostano alla via Francigena sostenendo esserne la prosecuzione a sud, verso Gerusalemme, benché non esistano prove storiche di tale affermazione.

Il pellegrinaggio a Roma, in visita alla tomba dell’apostolo Pietro, era nel Medioevo una delle tre peregrinationes maiores insieme alla Terra Santa e a Santiago di Compostela.Per questo l’Italia era percorsa continuamente da pellegrini di ogni parte d’Europa. Molti si fermavano a Roma, gli altri scendevano lungo la penisola fino al porto di Brindisi e da lì si imbarcavano per la Terra Santa. Una tappa importante prima di giungere a Brindisi era il Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, sul Gargano, in provincia di Foggia, in Puglia. Nella maggior parte dei casi i pellegrini seguivano le Strade consolari romane. I pellegrini provenienti soprattutto dalla terra dei Franchi, in età post carolingia cominciarono a valicare le Alpi ed entrare in Italia.

La presenza di questi percorsi, con la grande quantità di persone provenienti da culture anche molto diverse tra loro, ha permesso un eccezionale passaggio di segni, emblemi, culture e linguaggi dell’Occidente Cristiano. Ancora oggi sono rintracciabili sul territorio le memorie di questo passaggio che ha strutturato profondamente le forme insediative e le tradizioni dei luoghi attraversati. Un passaggio continuo che ha permesso alle diverse culture europee di comunicare e di venire in contatto, forgiando la base culturale, artistica, economica e politica dell’Europa moderna; è nota la frase del poeta Goethe secondo cui la coscienza d’Europa è nata sulle vie di pellegrinaggio.

A partire dal 1994 la Via Francigena è stata dichiarata “Itinerario Culturale del Consiglio d’Europa”, assumendo, alla pari del Cammino di Santiago di Compostela, una dignità sovranazionale.

S. Eldrado, dopo il pellegrinaggio a Santiago, valicando le Alpi lascia bastone e bisaccia da pellegrino per entrare nell’Abbazia di Novalesa, lungo la Via Francigena del Moncenisio, in Val di Susa, XI secolo. La Francigena non era propriamente una via, quanto piuttosto un fascio di vie, un sistema viario con molte alternative.

L’asse centrale, quello seguito da Sigerico, corrispondeva alla “via di Fiandra” (route de la Flandre), la via commerciale che collegava le regioni più ricche dell’Europa tardomedievale: l’Itala e le Fiandre, passando per la Champagne dove si tenevano le omonime fiere internazionali. Dalle Fiandre attraversava l’Artois (Arras), la Champagne (Reims), la Franca Contea (Besançon), valicava il Giura al Colle di Jougne, per arrivare a Losanna. Gli Inglesi si inserivano ad Arras, provenendo da Londra (Matthew Paris) e Canterbury (Sigerico), e attraversavano la Manica fra Dover e Calais.

La strada del Gran San Bernardo cominciava dal lago di Ginevra, da Losanna o da Vevey, risaliva il Rodano, entrando nel Vallese, faceva tappa alla grande abbazia di Saint-Maurice d’Agaune, poi lasciava la valle del Rodano per la Val d’Entremont, ed arrivava al Passo. Di qui scendeva la Valle del Gran San Bernardo fino ad Aosta e poi la Valle d’Aosta fino a Ivrea e quindi Vercelli.

La strada del Moncenisio si staccava già nella Champagne e si dirigeva verso Beaune, da dove scendeva la valle della Saona fino a Lione. Poi proseguiva per Chambéry, risaliva la Valle dell’Arc fino al Colle del Moncenisio, dove sin dall’825 è documentato l’Ospizio del Moncenisio, un punto tappa “ad peregrinorum receptionem”. Di lì, passando per l’abbazia di Novalesa, giungeva a Susa e percorrendo tutta la Valle di Susa, passando dalla Sacra di San Michele ed infine per l’abbazia di Sant’Antonio di Ranverso, raggiungeva Torino e quindi Chivasso e Vercelli[3], oppure costeggiava il Po lungo l’antico Itinerarium Burdigalense, fino a Pavia.

Fino al Duecento il valico del Gran San Bernardo era più usato. Nel corso di quel secolo si affermò il percorso del Moncenisio, soprattutto per chi proveniva dalla Francia.

Il passaggio del Po in barca fra Corte Sant’Andrea, alla confluenza tra i fiumi Po e Lambro, e Calendasco, presso Piacenza, è riconosciuto come Transitus Padi, fin dal 1994, dal Consiglio d’Europa e dal 2009 anche da due Ministeri italiani. In realtà sono attestati vari porti fluviali di Piacenza, ma soprattutto le numerose modifiche del percorso del Po impediscono di individuare il punto in cui i pellegrini attraversavano il fiume.

Il valico dell’Appennino avveniva sul Passo della Cisa, che allora si chiamava “Monte Bardone”. Questo nome derivava dall’espressione latina Mons Langobardorum (“monte dei Longobardi”). Infatti i valichi appenninici più usati nell’Antichità erano rimasti sotto controllo bizantino (poi divenuto pontificio): perciò i Longobardi per andare dalla loro capitale, Pavia, al Marchesato di Tuscia, utilizzavano la via di quella che si sarebbe più tardi chiamata la Cisa.

Dal Monte Bardone si scendeva in Lunigiana e si attraversavano Pontremoli, Aulla, Santo Stefano Magra, Sarzana e infine Luni. Tra Sarzana e Luni, nei pressi dell’antico ospitale di San Lazzaro, si congiungeva la via di Spagna, la quale portava i pellegrini spagnoli a Roma e quelli italiani a Santiago de Compostela salpando dall’antico porto di San Maurizio sul fiume Magra.

Lucca era una delle mete principali della Via Francigena, grazie soprattutto al Volto Santo ed alle reliquie di importanti Santi, quali San Regolo e San Frediano (proprio riguardo a questo santo di origini irlandesi, molti furono i pellegrini provenienti dal Nord Europa per venerarne le reliquie).

Da Lucca si proseguiva per Porcari, Altopascio, Galleno, Ponte a Cappiano (Aqua Nigra) e Fucecchio (Arne Blanca), dove si trovava un ponte sull’Arno.

Superato l’Arno, la prima tappa era San Genesio (San Miniato), da dove si cominciava a risalire la Val d’Elsa, anticamente passando per il crinale (San Gimignano, Colle di Val d’Elsa), dal XII secolo lungo il fondovalle (Castelfiorentino, Certaldo, Poggibonsi), per poi giungere a Siena. Siena dovette proprio alla sua posizione sulla via Francigena lo sviluppo urbanistico e demografico, nonché finanziario, che visse nel Basso Medioevo. Da Siena la strada seguiva la valle dell’Arbia fino a San Quirico d’Orcia da dove risaliva la Val d’Orcia. Di qui si scollinava in val di Paglia e si scendeva fino ad Acquapendente. Tuttavia, a partire dal XII secolo la val di Paglia si dimostrò poco sicura ed i viandanti preferivano salire fino alla Rocca di Radicofani. Da Acquapendente si seguiva l’itinerario della antica via Cassia attraverso Bolsena, Montefiascone, Viterbo e Sutri, per terminare a Roma.

Gli ostacoli naturali che i pellegrini ed i viandanti dovevano superare erano il canale della Manica, le Alpi e gli Appennini oltre che il fiume Po. Così come per valicare le Alpi le alternative erano almeno due (il valico del colle del Moncenisio e quello del Colle del Gran San Bernardo), anche nell’attraversare gli Appennini, i pellegrini si trovavano di fronte a diverse possibilità.

Nel tratto di Via Francigena che portava dalla Pianura padana alla Toscana, si registravano diverse varianti di percorso che sfruttavano i vari valichi risalendo la val Trebbia e passando per Bobbio (via degli Abati), oppure la val di Taro o ancora altre valli minori. Dalla val di Taro una deviazione per la Lunigiana e la Garfagnana permetteva di raggiungere direttamente Lucca evitando il passaggio costiero sulla via Aurelia, variante considerata più sicura nei momenti di crisi o guerre, poiché si snodava lungo strade secondarie meno esposte e sorvegliate da una fitta rete di castelli e monasteri.

Attualmente il tratto della “variante Francigena di Garfagnana” chiamata oggi Via del Volto Santo è percorribile su antichi sentieri e mulattiere, con numerosi ponti medioevali per l’attraversamento del fiume Serchio e dei suoi affluenti. Anche se non ancora segnalato e non attrezzato con una rete di strutture dedicate per l’accoglienza ai pellegrini (in conventi, parrocchie, ecc.) questo percorso attraversa un territorio dove l’ospitalità diffusa è garantita da una fitta rete di agriturismi, bed and breakfast, botteghe di paese, piccoli bar e ristoranti, tutto ciò rende il percorso sufficientemente attrezzato per un gradevole transito di pellegrini

Studi recenti hanno messo in evidenza la Via Francesca della Sambuca, variante che seguiva il corso del Reno fino a Porretta Terme e andava a Pistoia passando dall’antico castello di Sambuca Pistoiese e dal Passo della Collina.

Altre varianti usate consistevano, una volta raggiunta Piacenza, nel percorrere la via Emilia per oltrepassare l’Appennino in corrispondenza o di Bologna o di Forlì, raggiungendo così o la via romea della Sambuca o la via romea dell’Alpe di Serra. A testimonianza di questo percorso, si può ad esempio ricordare che la consuetudine del passaggio di pellegrini provenienti dall’Irlanda e dalla Scozia ha dato origine, già nell’alto medio evo, alla chiesa forlivese, oggi scomparsa, di San Pietro in Scotto o in Scottis. La variante forlivese consentiva ancora la scelta di raggiungere l’alta valle del Tevere e di seguire poi il fiume fino a Roma, senza rischiare di smarrire la strada, oppure di dirigersi verso Arezzo. Ne parla, ad esempio, Matthew Paris nel suo Iter de Londinio in Terram Sanctam.

Più a sud, dopo la morte di San Francesco e la sua elevazione agli altari, molti pellegrini deviavano dall’antico percorso per visitare Assisi.

In sintesi, si sono rinvenute una serie notevole di varianti alternative lungo la penisola, che più o meno collegate (attraverso i cosiddetti “diverticoli”) alla Via Francigena, collegavano il nord e sud Europa prendendo anch’esse anticamente il nome di Vie romee o Francesche.

Negli anni novanta del secolo XIX è nata, per ragioni turistiche più che storiche, la denominazione Via Sacra Langobardorum per indicare il percorso di pellegrinaggio che partiva da Mont-Saint-Michel in Francia, passava, a metà strada dalla Sacra di San Michele in provincia di Torino, fondata da nobili in pellegrinaggio, e giungeva al Santuario di San Michele Arcangelo di Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia, percorso che richiama nella parte settentrionale quello della Via Francigena e nella parte meridionale quello della Via Francesca.

L’interesse, dapprima limitato agli studiosi, poi estesosi a molti che, dopo aver percorso il Cammino di Santiago, desideravano arrivare a Roma a piedi e poi a Gerusalemme, ha fatto nascere una rete di “amanti della Francigena” che, con vernice e pennello, hanno cominciato a segnare sentieri e percorsi.

Ove possibile, si è cercato di recuperare il tracciato originario, ma a volte si è scelto di deviare dal percorso storico in favore di sentieri e strade meno trafficate. Constatando il sempre maggiore interesse per il Cammino di Santiago, è oggi chiaro che anche la Francigena è un tesoro

Nel 2017 le sette regioni italiane interessate dal tracciato hanno firmato un protocollo d’intesa per candidare l’itinerario a patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Viefrancigene.org

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