“Il nome di Gesù sia il vostro saluto. Vi auguriamo ogni bene e che lo Spirito Santo sia la vostra ricompensa finale”. Con queste parole ci accoglie un mistico e un politico, vissuto più di 500 anni fa e venerato, da allora, in tutta la Svizzera come santo e artefice della pace. Il suo nome è Nicolao della Flue. Fino all’età di 50 anni egli é, tra i vari membri della comunità del suo villaggio nel canton Obvaldo, un onorato e stimato cittadino, che prende parte attiva alla vita politica locale. A seguito di una profonda crisi interiore si ritira e trascorre i rimanenti vent’anni della sua esistenza da eremita, nella preghiera e nel digiuno. Compatrioti e stranieri accorrono da lui domandandone l’illuminato consiglio. Essi lo chiamano affettuosamente Bruder (Fratello) Klaus. In tal modo il mistico diviene sempre più un consigliere politico, la cui fama si espanse in tutta Europa.
La sua epoca
Nel XV secolo la Svizzera attraversa una fase burrascosa del suo sviluppo: guerre all’interno e all’esterno, corruzione e degrado morale turbano profondamente il paese.
Anche dentro la Chiesa cattolica dominano situazioni imbarazzanti e scandalose che, entro breve, condurranno inevitabilmente alla Riforma protestante. A Sachseln, il comune di san Nicolao, dal 1415 al 1446 non ci sono né parroci né celebrazioni eucaristiche; in campagna non c’è neppure una scuola. Anche l’educazione di Nicolao é frutto di esperienze pratiche di vita. Nei momenti decisivi della sua esistenza si trovano sogni, immagini, visioni che gli dischiudono il cammino interiore e gli consentono di comprendere e interpretare profeticamente i segni del suo tempo. Nel registro parrocchiale (nell’immagine) della chiesa di Sachseln a partire dall’anno 1488 amici, vicini e conoscenti lasciano le loro deposizioni sulla vita di Nicolao. Parimenti sono giunte a noi, in altre fonti letterarie, centinaia di testimonianze di contemporanei.
La sua vocazione
Nicolao nasce nel 1417, figlio di Heini von Flue e di Hemma Ruobert. Viene battezzato nella vicina chiesa di Kerns. In seguito egli racconterà di ricordare la sua nascita e il suo battesimo. Già nel grembo materno egli avrebbe visto una stella che illuminava il mondo intero, insieme a un grosso masso roccioso e un recipiente di olio. La visione ricorda Geremia 1, 5: “Prima di formarti nel seno di tua madre, io ti ho scelto e posto come profeta tra le genti”. All’età di 16 anni vede un’alta torre, nel luogo preciso in cui sarebbero successivamente sorte la sua cella e la cappella. Fin da giovane esprime il proposito di “cercare la creatura unica” (Registro parrocchiale, 1488). Quest’esperienza si traduce nel motto di san Nicolao: unire Dio e il mondo. E, come una torre vivente, egli darà al popolo orientamento e sostegno.
Vita nel mondo
Nicolao diviene contadino. In gioventù egli vive pure l’esperienza della guerra. Tuttavia “egli amò la moderazione, condannò l’ingiustizia e, nelle guerre, raramente umiliò il nemico, ma lo protesse secondo la necessità” (Registro parrocchiale, 1488). A 30 anni circa si costruisce una casa e sposa la sedicenne Dorothee Wyss, da cui avrà cinque figli e cinque figlie. Nicolao è anche consigliere e giudice, perché possiede il dono raro di riuscire a mediare tra fazioni opposte e in lotta; pertanto egli non si lascia ingannare da falsi riguardi. Nel 1457 istruisce, con i suoi compaesani, un processo contro il parroco che pretende tributi troppo elevati. Nel 1462 fa da mediatore in una disputa tra il villaggio di Stans e il convento di Engelberg e si esprime a favore del diritto del popolo di eleggere il proprio parroco. Nicolao deve però toccare con mano che anche giudici e consiglieri sono corruttibili. Si ritira dunque dagli ambienti politici e cade in una profonda crisi interiore. Sempre più cerca la solitudine e digiuna.
Guardare in faccia alla verità
Nicolao riconosce chiaramente di quale male soffre la sua epoca. Egli osserva i cuori degli uomini che, sia nella vita privata che in quella pubblica, non hanno occhi se non per i loro interessi. Una volta vede in sogno la possente montagna chiamata “Pilatus” sprofondare nel terreno: “L’intera terra si aprì e tutti i peccati divennero manifesti. Apparve una grossa quantità di gente e dietro costoro la verità. Tutti avevano il volto girato rispetto alla verità e sul cuore portavano un male grosso come due pugni. E questo male non era che il vantaggio personale che guidava le persone”. Questa visione conserva in sé l’attualità che aveva allora. L’affossamento del Pilatus è oggi possibile a motivo delle innumerevoli catastrofi ambientali, della distanza continuamente crescente tra i poveri e i ricchi, dei milioni di senza patria. Siamo pronti a guardare in faccia alla verità che si cela dietro questi fenomeni dolorosi?
Crisi e congedo
Nicolao lotta per il suo cammino: da una parte si sente legato alla sua famiglia, dall’altra urge dentro di lui la spinta a rinunciare a tutti i beni terreni. Dopo due anni di dubbio tormentoso Dorothee gli dona il suo “sì” liberatorio consentendogli così un passo verso un futuro ignoto. Nicolao, vestito con l’abito del penitente, il giorno di san Gallo (16 ottobre) del 1467 lascia casa, campi e famiglia. Per molte persone questo allontanamento dalla moglie e dai dieci figli risulta incomprensibile, ma una tale decisione non si può spiegare; in effetti, trattandosi di un evento senza precedenti, a stento si può capire. In seguito, in più circostanze, Nicolao si trova a ribadire che si era trattato di una grande grazia di Dio “l’aver ottenuto dalla moglie e dai figli l’approvazione per la sua vita eremitica” (Registro parrocchiale, 1488). Nonostante la separazione i due coniugi restano reciprocamente legati nell’amore. Il contributo di Dorothee al cammino di santità del marito non può essere sottovalutato: ella merita, non meno di Nicolao, gratitudine e venerazione.
Fra Nicolao
Avvolto nell’abito scuro del pellegrino, Nicolao si muove in direzione di Basilea. Presso Liestal (prima di Basilea) si arresta: la cittadina gli appare infatti avvolta nel fuoco. Nicolao si consulta, quindi, con un contadino che proviene da quella località. Costui gli consiglia di non recarsi all’estero, ma di servire Dio in patria. Nicolao trascorre all’aperto tutta la notte, durante la quale viene colpito da un raggio di luce celeste che gli procura un dolore immenso come se gli tagliassero la carne con un coltello. Allora torna indietro. Senza cibo né bevanda raggiunge la sua terra natale, dove lo trovano dei cacciatori. Egli, tuttavia, cerca ancora nei dintorni, fino a che quattro luci gli indicano il luogo ove avrebbe dovuto stabilirsi: sul proprio suolo, a poche centinaia di metri da casa e dalla famiglia, presso il ruscello che scorre nella gola profonda del Ranft. In povertà e al freddo trascorre l’inverno. Nell’anno seguente i compaesani gli costruiscono una casupola e una cappella: da contadino Nicolao diviene eremita.
Digiuno profetico
Dalla notte prima di giungere a Liestal in poi, Nicolao vive senza alcun nutrimento. In risposta ai curiosi che lo interpellano in merito, egli risponde con reticenza e laconico: “Dio sa”. Solo una volta precisa che, quando, durante la messa, il sacerdote gli dava la comunione, ne riceveva una tale forza da poter vivere senza cibo né bevanda, altrimenti non avrebbe potuto sopportare una simile privazione (Registro parrocchiale, 1488). Nicolao si pone, con il suo digiuno, in netto contrasto rispetto al tardo Medioevo così incline al piacere e al sensazionale. Per lui digiunare non è proprio un fatto straordinario, infatti l’ha sempre desiderato. Suo figlio Giovanni riferisce: “Per quanto mi ricordo, mio padre ha sempre fuggito il mondo; per quattro giorni a settimana digiunava e durante tutta la quaresima non mangiava che un piccolo pezzo di pane e poche pere secche” (Registro parrocchiale, 1488).
Le due finestre
Anche da eremita fra Nicolao rimane con “i piedi piantati nel mondo”. L’ambasciatore di Milano, Bernardo Imperiali, scrive al suo Duca il 27 giugno 1483 a proposito di Nicolao: “L’ho trovato informato di tutto”. Nicolao è al corrente dei vari avvenimenti. Egli ha uno spirito attento, perciò va a fondo delle cose. Nella sua cella una finestra guarda verso l’interno, all’altare della cappella; l’altra finestra, invece, guarda verso l’esterno, agli uomini. Quello che dal mondo viene portato a fra Nicolao, egli lo trasforma in preghiera offrendolo a Dio e ciò che gli viene donato nell’orazione, egli lo dà nuovamente agli uomini. Il suo consiglio viene, quindi, dal profondo. Noi uomini di oggi siamo inondati di informazioni, ma rimaniamo alla superficie e “bruciamo” ogni novità. Fra Nicolao non ha consumato niente, anzi, ha digiunato; laddove gli uomini osano andare in profondità, cresce nuova vita per il mondo.
Vita dal centro
“Fra Nicolao è un autentico laico che non sa leggere” (Heinrich Woelflin, 1501). Eppure l’eremita parla di un “mio libro”. Si tratta di un disegno raffigurante la struttura di una ruota, il cui movimento parte dal centro verso l’esterno e ritorna al centro stesso. L’immagine viene pubblicata nel 1487 da un pellegrino sconosciuto con la spiegazione datane da fra Nicolao: “Questo è il mio libro: in esso imparo e cerco l’arte di tale apprendimento”. Egli definisce la ruota la figura attraverso cui contempla e medita l’essenza di Dio: “Nel punto centrale c’è l’inscindibile divinità, di cui tutti i santi gioiscono. Come tre raggi, dall’unica divinità nascono e si dipartono tre persone che abbracciano il cielo e il mondo intero”. Di questa ruota esisteva già al tempo dell’eremita una versione illustrata (vedi l’ultima pagina di questo opuscolo). Entrambi i quadri rendono testimonianza della profonda saggezza e della chiara ragione di questo “autentico laico”.
L’uomo della pace
Molte persone bisognose di consigli si recano da fra Nicolao: donne e uomini, giovani e vecchi, poveri e ricchi. I duchi d’Austria, Milano e Venezia coltivano rapporti diretti con lui, come pure i tre cantoni fondatori della Svizzera. In un’epoca colma di intrighi fra Nicolao si pone sopra le parti, anche perché la sua vita convincente gli conferisce un’alta autorevolezza morale. Quando i confederati, dopo la vittoria sui Burgundi, a motivo del ricco bottino e di rivalità politiche sono sull’orlo della guerra civile, fra Nicolao contribuisce alla pace in maniera decisiva (Dieta di Stans, 1481). Da allora in poi Nicolao gode della fama di pacificatore e viene scelto sempre più spesso quale mediatore nei conflitti politici o ecclesiali, come ad esempio nella lotta riformatrice per il restauro del convento di Klingental a Basilea o nello scontro tra la città di Costanza e i confederati (1482).
Pace nella giustizia
Grazie a fra Nicolao i confederati in lotta raggiungono, nel 1481, un patto federale durevole. In una sua lettera al consiglio della città di Berna (1482) l’eremita ci dice da cosa dipende la pace: “L’ubbidienza è il più grosso patrimonio in cielo e sulla terra, perciò bisogna aspirare ad essa obbedendo gli uni agli altri. La pace è in ogni caso in Dio, perché Dio è la pace”. Non ci si può procurare la pace, essa è un dono. I conflitti si possono risolvere in maniera proficua solo nel pieno e totale rispetto (ubbidienza reciproca), come pure non c’è pace senza giustizia. Perciò essa rimanda alle esigenze più profonde dell’uomo e richiede il nostro massimo impegno. Infine, la pace consiste nell’”essere unitario”, ossia nell’essere uno con Dio. Dal 1981 al Flueli, nei pressi della cella del santo, si trova un villaggio della pace, un luogo dove giovani e anziani cercano di “imparare” la pace.
Mio Signore e mio Dio
A 70 anni, il 21 marzo del 1487, fra Nicolao muore. Su tutta la sua vita domina la sua preghiera personale:
“Mio Signore e mio Dio,
togli da me tutto quello che mi allontana da te.
Mio Signore e mio Dio,
dammi tutto quello che porta a te.
Mio Signore e mio Dio,
toglimi a me e dammi tutto a te”.
Un santo ecumenico
Pur essendo vissuto prima della Riforma, fra Nicolao annovera tra i suoi primi biografi dei riformati. L’eremita esorta le nostre chiese a non porsi in prima linea per vegliare sui confini, ma a tendere interamente verso il centro. Nel mezzo, infatti, nel Dio trino, sta l’”unico essere”. E’ importante che noi viviamo a partire dal cuore della nostra fede. Il riformatore zurighese Ulrich Zwingli si richiama spesso a fra Nicolao. Particolarmente nella lotta contro l’arruolamento di mercenari, i riformati vedono in Nicolao un alleato, il quale, restando sopra le parti, sa unire le diverse confessioni e culture: è il miglior “Io” della Svizzera (come diceva il teologo riformato Georges Méautis). Karl Barth, al momento della canonizzazione, afferma: “Nonostante la canonizzazione, che noi rifiutiamo per principio, fra Nicolao resta anche il nostro santo”.
Fra Nicolao appartiene a tutto il mondo
Già i contemporanei definiscono l’eremita Nicolao un “santo vivente”, la cui fama si spande in tutta Europa. La più avvincente testimonianza di un pellegrinaggio da fra Nicolao ci è offerta da Hans Waldheim di Halle in Sassonia. Costui, il 25 maggio del 1474, incontra l’eremita insieme alla moglie Dorothee e al loro figlio più giovane. Nel 1487 appare a Norimberga un libro illustrato sul quadro raffigurante la ruota di fra Nicolao. Tra i primi pellegrini che visitano la tomba dell’eremita dopo la sua morte ci sono un pescatore della Danimarca e un orefice di Erfurt. Entrambi giungono a Sachseln da Santiago di Compostela e qui trovano la guarigione dai loro mali. Il poeta svizzero Heinrich Federer scrive nel 1921: “Fra Nicolao è troppo grande per essere solo svizzero: egli appartiene al mondo intero”. Attualmente, in quattro continenti, si trovano centinaia di chiese, cappelle e scuole, dedicate al santo della pace Nicolao della Flue.