I grandi Ordini religiosi della Chiesa hanno sempre fatto spazio ai laici che vogliono condividere la loro missione e la loro spiritualità, e alcuni di loro sono diventati così santi da essere canonizzati. Una di questi, Santa Caterina da Siena, OP, è dottore della Chiesa. “Se diventi terziaria domenicana, le tue possibilità di diventare santa aumenteranno del 75%!”, ha detto scherzando una volta una suora domenicana. “Ci sono molti laici domenicani santi. Di suore non ce ne sono altrettante”. L’Ordine dei Predicatori ha un gran numero di laici tra santi, beati e venerabili. Il beato Pier Giorgio Frassati è uno di loro, mentre tra i santi ci sono Martín de Porres e Rosa da Lima. Anche gli “OSB” hanno il loro buon numero di laici e laiche santi, come i santi Tommaso Moro, Tommaso Becket, Francesca Romana e re Enrico II, la Serva di Dio Dorothy Day e una serie eclettica di scrittori e studiosi come Paul Claudel, Rumer Godden, Joris-Karl Huysmans, Walker Percy e Jacques Maritain.
Quali sono, quindi, le differenze tra gli oblati benedettini, i laici domenicani, i francescani secolari o il terz’ordine carmelitano? Le distinzioni non sono consistenti, ma comunque contano.
I Terz’Ordini (o Ordini secolari) sono letteralmente “terze” parti delle famiglie domenicana, francescana e carmelitana, e i laici che vi si uniscono cercano di adattare i carismi e le caratteristiche di ogni Ordine alla propria routine quotidiana, il che a sua volta tende a modellare la loro vita in un modo che riflette quella dei loro fratelli e delle loro sorelle che hanno preso i voti. Ad esempio, una seguace del Terz’Ordine carmelitano tendeva al misticismo. Penitenziale, silenziosa e profondamente pia, aveva una libreria cattolica che voleva essere più che altro uno spazio di preghiera per “visitatori, non clienti”. Il negozio faceva raramente profitti, ma la gente era sempre lì a chiedere le sue preghiere. Quando è morta, la figlia ha cercato di trasformarla in una “vera” libreria cattolica, e non è durata neanche sei mesi.
I francescani secolari tendono al pragmatismo gioioso e con i piedi per terra tipici dei francescani. Sono aperti, generosi, amichevoli, lavoratori e indipendenti, e servono la comunità attraverso l’azione. I laici domenicani sono calmi e studiosi, avidi lettori che non esitano comunque a testimoniare la propria fede agli altri. In genere i Terz’Ordini fanno parte di province; tendono a incontrarsi in capitoli, una o due volte al mese, e ad assistere il lavoro dei loro fratelli e delle loro sorelle che hanno preso i voti.
Gli oblati benedettini sono solo leggermente diversi. Mentre i Terz’Ordini fanno riferimento al loro capitolo, gli oblati fanno riferimento a un monastero sperifico e sono considerati letteralmente parte di quella comunità. Anche se laici, sono, come ha detto un benedettino dell’abbazia di Ryde, “vere sorelle, veri fratelli” per le loro comunità. Gli oblati collegati a una comunità cercheranno (se possibile) di visitare questa casa almeno una volta all’anno per un ritiro. Come benedettini, cercheranno di pregare quanto più possibile l’officio divino nella loro giornata e di attenersi per quanto possibile alla Regola di San Benedetto, soprattutto per quanto riguarda la “stabilità” (nei confronti del loro monastero, del loro matrimonio, della famiglia e degli impegni), oltre al ministero e all’ospitalità (San Benedetto dice di vedere Cristo in chiunque si incontra e di aprire le porte a tutti i visitatori. Questa è la sfida più grande).
Qualsiasi spiritualità attiri il laico, questi non si limita a “iscriversi” come se si stesse unendo a un club. C’è un periodo di noviziato di formazione – in genere dura tra uno e cinque anni – prima di fare una “piena professione”, o, per un benedettino, una “oblazione finale”. Fare una piena professione in un Ordine religioso è una cosa seria, e quando una persona ha firmato la propria professione e la depone sull’altare, una copia viene inviata a Roma per essere archiviata. Alla professione, in genere la persona assume un nuovo nome, che spesso sarà familiare all’Ordine. Pier Giorgio Frassati, ad esempio, assunse il nome Girolamo per via del frate domenicano Girolamo Savonarola. A volte, quando scriveva seriamente della sua fede, firmava le sue lettere come “fra’ Girolamo”, rivendicando la sua professione, il che era un suo diritto. Una francescana secolare a volte aggiunge alla sua firma “OFS” (Ordine Francescano Secolare). A volte, tra amici, firma un’e-mail con il suo nome benedettino, aggiungendo “Obl.OSB.”.
Le professioni laiche non sono voti ma promesse, rinnovate ogni anno, e anche se può indossare scapolari o medaglie come segno della propria professione, un terziario o un oblato è autorizzato a indossare gli abiti del proprio Ordine solo dopo la morte. Qualche anno fa l’attrice Jane Wyman, un’altra laica domenicana, è stata sepolta con un abito domenicano. La professione laica non conferisce santità a un individuo, ma se si è individuata in sé un’attrazione per un carisma specifico, per un “modo” specifico di spiritualità cattolica che aiuta a dare espressione e direzione alla propria vita cristiana, è bene seguire questa chiamata. C’è grande ricchezza in queste antiche Regole, come hanno scoperto molti, tra i quali (visto che non dobbiamo dimenticare i francescani secolari santi), le sante Giovanna d’Arco e Bernadette Soubirous; Dante Alighieri, Michelangelo, il beato Pietro da Siena, Franz Liszt, Charles Gounod e Louis Pasteur.
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