La Madonna con Bambino e San Giovannino, esposta nella Sala di Ercole a Palazzo Vecchio a Firenze, è stata oggetto di diverse attribuzioni. Il cartellino del Museo dice Jacopo del Sellaio, ma nella scheda del catalogo (numero 00292620) si legge che il dipinto è attribuibile piuttosto a Sebastiano Mainardi (1466-1513), pittore della cerchia del Ghirlandaio attivo a Firenze alla fine del ‘400. Si aggiunge che vi sono evidenti somiglianze con opere di Lorenzo di Credi, soprattutto nella figura della Madonna. Uno studio recente di Alberto Lenza (2007) propone come autore il “Maestro del Tondo Miller”, da alcuni identificato nel figlio di Jacopo del Sellaio, Arcangelo.
È questo il dipinto che più ha fatto discutere gli ufologi, che vedono nella scena in alto a destra, dietro le spalle della Madonna, la testimonianza di un “incontro ravvicinato” con un oggetto volante non identificato. Nella scena in questione vediamo un personaggio che, con una mano sulla fronte, guarda verso una apparizione nel cielo. Con lui è un cane e anche l’animale guarda verso lo strano oggetto. In un articolo di Daniele Bedini, pubblicato in Notiziario UFO – n. 7 (Luglio – Agosto 1996) si legge: «si rileva chiaramente la presenza di un oggetto aereo, color grigio piombo, inclinato sulla sinistra e dotato di una “cupola” o “torretta”, apparentemente identificabile come un mezzo volante di forma ovoidale in movimento.
Ma questa non è la sola particolarità del dipinto, in alto a sinistra vediamo infatti la Stella della Natività accompagnata da altre tre piccole stelle o fiammelle.Un particolare molto simile è presente nella Madonna del Libro (1480) di Sandro Botticelli.
Questi particolari, “tre stelle” e “nube luminosa” ci fanno capire che questo dipinto si rifà ad un modo austero e rigoroso di intendere non solo i soggetti sacri ma tutta la vita cittadina che era stato predicato da Fra Girolamo Savonarola, proprio nella Firenze della fine del XV secolo. Dopo la cacciata dei Medici a Firenze venne instaurata la Repubblica, che Savonarola orientò in modo teocratico, esercitando una ferrea sorveglianza (oggi potremmo fare un paragone riferendoci ai fondamentalisti islamici della Repubblica iraniana di Khomeini) ed arrivando perfino ai pubblici “roghi delle vanità” del 1496-97, quando vennero raccolti e bruciati in piazza carte da gioco, dadi, acconciature, ornamenti, libri considerati osceni, fino ai quadri e agli oggetti preziosi. La predicazione di Savonarola influenzò moltissimo le opere d’arte di quel periodo, e diversi artisti, come ad esempio Sandro Botticelli, arrivarono a rinnegare le commistioni cristiano-pagane di tante opere precedenti ispirate ai concetti del neoplatonismo, per dipingere soggetti mistici in uno stile più “puro”, ma anche più rigido, arcaico e didascalico.
La simbologia religiosa presente in questa Madonna si rifà quindi a una iconografia più antica, che nella Firenze dell’umanesimo e del neoplatonismo si era perduta. Le tre stelle ad esempio sono visibili in dipinti del secolo precedente, ma soprattutto nelle icone bizantine della Madonna. Si trovano raffigurate spesso nel velo (sulle spalle e sulla fronte); altre volte vengono sostituite da tre raggi, ma in tutti i casi sono un simbolo della triplice verginità della Madonna, prima, durante e dopo il parto. Le tre stelle, col medesimo significato, si ritrovano anche nello stemma dell’ordine degli Oratoriani di San Filippo Neri (Filippini), particolarmente devoti alla Madonna.
Torniamo al particolare precedente, quello interpretato come ufologico. In moltissime altre “Natività” del ‘400 e del ‘500 troviamo una scena simile. Si tratta dell’annuncio ai pastori, narrato nel vangelo di Luca: “C`erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l`angelo disse loro: Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore”.
Ecco la scena dell’annuncio ai pastori come appare sullo sfondo di una Natività di Vincenzo Foppa conservata al Detroit Institute of Arts:
L’angelo esce da una nube scura al cui interno brillano raggi dorati, e, proprio come nel dipinto di Palazzo Vecchio, la scena viene osservata da un pastore che tiene la mano sulla fronte:
Possiamo vedere questa stessa scena, rappresentata in modi molto simili a quello della Madonna con Bambino di Palazzo Vecchio, in molti altri dipinti che hanno come soggetto la Natività o l’Adorazione del Bambino:
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Pinturicchio
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Vincenzo Foppa
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Giovanni Di Paolo
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Amico Aspertini
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Lorenzo Di Credi
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Lorenzo Di Credi (part.)
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Agnolo Bronzino
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Antoniazzo Romano
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Pinturicchio
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Pinturicchio (part.)
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Maestro della predella
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Bernardino Luini
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miniatura sec XV
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Bernardino Fasolo
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Domenico Ghirlandaio
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Hugo Van Der Goes
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Questi sono solo pochi esempi tratti da decine di dipinti che hanno come soggetto la Natività. In tutti riconosciamo chiaramente l’Angelo e vediamo che quasi sempre uno dei pastori tiene la mano sulla fronte, come a proteggere gli occhi dalla luce della “Gloria di Dio” a cui fa riferimento il passo del vangelo. Spesso compare anche il cane che guarda verso l’apparizione. In molti casi l’Angelo esce da una nube circondata da luce o, nei dipinti più antichi, di raggi dorati.
In una miniatura tratta dal manoscrtto “Grandes Heures d’Anne de Bretagne” (1500-1508) di Jean Bourdichon, l’angelo appare ai pastori affacciandosi da una specie di abbagliante squarcio nel cielo, nentre nella Madonna con Bambino e San Giovannino di Raffaellino del Garbo vediamo solo uno squarcio luminoso al centro della nube:
In un altro dipinto della fine del XV secolo, la Madonna col Bambino e San Giovannino di Gherardo Di Giovanni (Firenze, Galleria Dell’Accademia), vediamo sullo sfondo, a sinistra della Madonna, quello che a prima vista appare una macchia scura. Osservando meglio la macchia si rivela un angelo che esce da una piccola nube e scende verso la scena della natività, ma in questo caso non si vedono pastori sullo sfondo
Anche in un altro tondo, attribuito alla scuola di Sebastiano Mainardi e conservato a Sommariva Perno, vediamo la stessa scena con il pastore che, con la mano sulla fronte, guarda verso l’apparizione dell’angelo vestito di rosso Al suo fianco un cane che, con la bocca aperta, guarda l’angelo. Al centro, sopra la testa della Madonna, compare la nube luminosa.
Sebastiano Mainardi era cognato di Domenico Ghirlandaio, ed ecco una natività di questo artista, con una stella luminosa che appare all’interno di una nube. Sulla destra l’angelo appare ai pastori.
Anche in questo particolare tratto da un’altra Natività di Domenico Ghirlandaio vediamo sia l’angelo che la nube luminosa (ed è curioso notare come, perfino riferendosi a questo dipinto, ci sia chi individua un UFO in quella figura nel cielo.
Nell’immagine seguente, tratta da un Libro di Preghiere degli Sforza datato intorno al 1500, ritroviamo la nube luminosa (al cui interno si riconoscono molti angeli) che sovrasta la scena della Natività:
Il dipinto più interessante è però una Natività di Lorenzo Monaco (1409) conservato al Metropolitan Museum di New York. Sopra la Madonna compare una nube circondata da raggi dorati molto simile a quella del tondo di Palazzo Vecchio, mentre l’Angelo, sbucando da un’altra nube luminosa, fa l’annuncio ai pastori:
Frammenti di un rivestimento in foglia d’oro zecchino sono ancora visibili nella nube del tondo di Palazzo Vecchio, ed è possibile che in origine anche questa presentasse una doratura che la copriva interamente.
Possiamo così identificare nella Madonna con Bambino e San Giovannino esposta a Palazzo Vecchio la nube luminosa che è presente anche nel dipinto di Lorenzo Monaco, e la scena dell’annuncio ai pastori descritta nel vangelo di Luca. Ma in quel racconto della natività non si parla di nubi luminose, da dove deriva allora questo particolare?
Nell’arte sacra rinascimentale non venivano rappresentate solo scene tratte dai quattro vangeli canonici. Molto spesso si ricorreva anche a testi devozionali più recenti, pieni di personaggi e vicende di gusto più popolare e narrativo. Le tante scene che raffigurano la Presentazione di Maria al Tempio o lo Sposalizio della Vergine (dipinti da Giotto), l’incontro tra Gesù e San Giovanni Battista durante la fuga in Egitto (dipinto da Leonardo nella Vergine delle Rocce) derivano da racconti estranei ai vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni. I pittori e i loro committenti, che sceglievano i soggetti, molto spesso mescolavano racconti tratti da testi diversi, come ad esempio la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, la Meditatione Vitae Christi di Giovanni De Cauli, o i molti vangeli apocrifi. La stessa presenza del bue e dell’asino, che pure vediamo in quasi tutte le natività, non è narrata dai vangeli canonici ma dall’apocrifo Pseudo-Matteo, uno dei testi più diffusi e utilizzati come fonte di soggetti dagli artisti di quell’epoca. Quel vangelo però a sua volta derivava dal Protovangelo di Giacomo, conosciuto solo in lingua greca fino alla traduzione latina di Guillaume Postel della metà del sec. XVI. Ai racconti contenuti in questi testi Giotto si ispirò per le storie dell’infanzia di Maria della Cappella degli Scrovegni. Proprio nel Protovangelo di Giacomo troviamo una descrizione della natività in cui non compaiono angeli o la “Gloria di Dio” ma solo una “nube luminosa”, come in molti altri brani biblici:
“Si fermarono nel luogo dov’era la grotta, ed ecco una nuvola luminosa adombrava la grotta. E la levatrice esclamò: ‘Oggi è stata magnificata la mia anima, perché i miei occhi hanno visto un prodigio meraviglioso: che è nata la salvezza per Israele’. E subito la nuvola si dissipò dalla grotta e apparve una grande luce nella grotta, tanto che i nostri occhi non la potevano sopportare”. (I Vangeli Apocrifi, a cura di Marcello Craveri, Torino, 1969, p.21)
A differenza del vangelo di Luca in cui leggiamo che «la Gloria del Signore li avvolse di luce», in questo brano il narratore aggiunge che «gli occhi non potevano sopportare» quella gran luce. E in tanti dipinti vediamo che, seguendo alla lettera il testo, l’artista ha dipinto il pastore che si protegge gli occhi con la mano.
Nello stesso Protovangelo troviamo la descrizione della Stella, ma soprattutto, a differenza dei vangeli canonici, si dice che anche il piccolo Giovanni Battista, cugino di Gesù, dovette fuggire da Erode:
[22, 1] Accortosi di essere stato giocato dai magi, Erode si adirò e mandò dei sicari, dicendo loro: “Ammazzate i bambini dai due anni in giù”.
[2] Maria, avendo sentito che si massacravano i bambini, prese il bambino, lo fasciò e lo pose in una mangiatoia di buoi. [3] Anche Elisabetta, sentito che si cercava Giovanni, lo prese e salì sulla montagna guardandosi attorno, ove nasconderlo; ma non c’era alcun posto come nascondiglio. Elisabetta, allora, gemendo, disse a gran voce: “Monte di Dio, accogli una madre con il suo figlio”. Subito il monte si spaccò e l’accolse. E apparve per loro una luce, perché un angelo del Signore era con loro per custodirli.
Ecco che in questo brano del protovangelo di Giacomo la “luce” viene identificata con un angelo custode, senza che questo appaia come un personaggio vero e proprio. Nell’apocrifo Vangelo dell’infanzia arabo-siriaco invece è la stella dei Magi ad essere identificata con un angelo: « In quello stesso istante apparve loro un angelo, sotto forma di quella stella che era stata la loro guida nel viaggio; ed essi se ne andarono, seguendo l’indicazione della luce».
La raffigurazione della nube senza l’Angelo è rara ma, oltre che nella Natività di Lorenzo Monaco già mostrata, possiamo vederne un esempio in una Adorazione del Bambino dipinta del Maestro Franke. In alto nel cielo, all’interno della nube si vede la stella. Lo stesso autore in un’altra opera raffigura invece Dio all’interno della nube, mentre l’angelo fa l’annuncio ai pastori:
Marco Bussagli è autore di diversi libri sull’iconografia degli Angeli. In particolare in Storia degli Angeli (Rusconi, 1991) cita lo pseudo-Dionigi che afferma «la sacra scrittura li rappresenta anche sotto forma di nubi, indicando con questo che le sacre intelligenze sono riempite in modo sovramondano di una luce nascosta e accolgono semplicemente la prima luce alla sua prima emanazione…». Lo stesso Bussagli nel catalogo della mostra Le Ali di Dio scrive «Nel complesso il Medioevo si rivelò come un periodo centrale per lo sviluppo dell’iconografia angelica, le cui soluzioni furono successivamente reinterpretate in senso decisamente naturalistico dalle successive culture rinascimentale e barocca. E’, il caso degli “Angeli nuvola” che vennero più avanti riproposti come figure alate sorrette da soffici cuscini di vapore.» (http://www.enec.it/AliDio/09e_Iconografia.pdf)
Sano di Pietro, particolare dall’Annuncio ai Pastori (metà XV secolo)
Possiamo così ricondurre anche il tondo con la Madonna con Bambino e San Giovannino alla tradizione iconografica dell’epoca, quella della fine del ‘400 a Firenze (ricordando inoltre che San Giovanni Battista è il patrono di Firenze). Il particolare arcaico delle tre stelle, simbolo della triplice verginità di Maria, e la raffigurazione non antropomorfa ma simbolica dell’Angelo come “nube luminosa” possono far pensare ad una adesione dell’autore alle tesi di Gerolamo Savonarola, il frate domenicano che predicava un ritorno alla tradizione e ad una maggiore purezza nell’arte e nella vita cittadina. Nella scheda del Museo di Palazzo Vecchio dedicata al dipinto si dice che vi sono evidenti somiglianze con opere di Lorenzo di Credi. Proprio questo artista era uno dei più devoti seguaci di Savonarola, tanto che arrivò a bruciare tutti i propri disegni di nudo e a diventare frate egli stesso.
Conclusioni:
Nel dipinto intitolato Madonna con Bambino e San Giovannino, attribuito a Sebastiano Mainardi, artista della cerchia del Ghirlandaio, non ci sono UFO. Le tre piccole stelle, che in questo dipinto accompagnano quella più grande della Natività, venivano spesso usate per simboleggiare la triplice verginità di Maria; il pastore che guarda l’apparizione in cielo proteggendosi gli occhi con la mano è simile a moltissimi altri tratti da dipinti dallo stesso soggetto; la nube luminosa deriva dal racconto della Natività nell’apocrifo Protovangelo di Giacomo. Lo stesso Protovangelo, che contiene le storie dell’infanzia della Madonna, è uno dei testi più citati nella definizione del dogma della verginità di Maria.
Diego Cuoghi