Preghiera fiduciosa di un innocente

Fammi giustizia, Signore:
nell’integrità ho camminato,
confido nel Signore, non potrò vacillare.

Scrutami, Signore, e mettimi alla prova,
raffinami al fuoco il cuore e la mente.

La tua bontà è davanti ai miei occhi,
nella tua verità ho camminato.

Non siedo con gli uomini falsi
e non vado con gli ipocriti;

odio la banda dei malfattori
e non siedo con i malvagi.

Lavo nell’innocenza le mie mani
e giro attorno al tuo altare, o Signore,

per far risuonare voci di lode
e narrare tutte le tue meraviglie.

Signore, amo la casa dove tu dimori
e il luogo dove abita la tua gloria.

Non associare me ai peccatori
né la mia vita agli uomini di sangue,

perché vi è delitto nelle loro mani,
di corruzione è piena la loro destra.

Ma io cammino nella mia integrità;
riscattami e abbi pietà di me.

Il mio piede sta su terra piana;
nelle assemblee benedirò il Signore. (Salmo 25)

 

Commento

Il salmista chiede a Dio di fargli giustizia. Gli empi coi quali non siede lo rifiutano e reagiscono accusandolo di colpevolezza contro la legge. Egli davanti a Dio reagisce a quella condanna presentando la sua innocenza. Non è il fariseo che si autocelebra, ma è l’umile che non ha difficoltà a dichiararsi peccatore, ma che pur in coscienza reagisce rigettando la condanna d’empietà che gli empi gli hanno lanciato contro. All’orante sembra che Dio col suo silenzio, col suo lasciarlo in balia degli insulti degli empi, esprima anche lui un rifiuto, per questo domanda di essere messo alla prova per testimoniargli che è innocente, ma, detto questo, capisce bene che piuttosto deve domandare di essere purificato: “Raffinami al fuoco il cuore e la mente”.
L’orante ha davanti a sé la bontà di Dio e pur attanagliato dalla tentazione di credersi un rifiutato anche da Dio, afferma che Dio è buono e che deve continuare a camminare nella verità: “Nella tua verità ho camminato”.
Non siede con gli empi, il che non vuol dire che non parli loro per ravvederli, ma che non accetta i loro inviti a diventare come loro.
Chiamato in giudizio egli protesta la propria estraneità al crimine lavandosi le mani, con sincerità, “nell’innocenza” (Cf. Dt 21,6). Egli è sincero davanti a Dio e i suoi olocausti, le sue offerte, sono veramente “sacrifici di ringraziamento” (Cf. Ger 17,26). Così noi non possiamo partecipare alla celebrazione Eucaristica con l’animo distratto, con fare formale.
Egli narra le opere del Signore, l’uscita dal paese d’Egitto, l’alleanza del Sinai, in professione di fede davanti ai presenti per ravvivarne la fede, così il nostro Credo nell’assemblea Eucaristica sia un vero confermarci reciproco nella fede.
Egli ama la casa del Signore, cioè la chiesa, dove nel tabernacolo abita “la tua gloria”, cioè il Cristo, gloria del Padre, realmente presente sotto i veli del pane e del vino per l’altissimo prodigio della transustanziazione, nel quale prodigio Dio dispiega tutta la sua onnipotenza.
Egli invoca aiuto da Dio, consapevole che se Dio non lo aiutasse ciò equivarrebbe ad essere spinto tra gli empi e ad essere travolto con loro.
Ancora afferma la sua integrità di fronte ai comandamenti di Dio, ma nello stesso tempo si dichiara bisognoso di riscatto dal male e di misericordia.
Alla fine l’orante si sente nella pace: “Il mio piede sta su terra piana”. E si sente pieno di zelo per il Signore: “Nelle assemblee benedirò il Signore”.

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