Il 17 novembre 1991 il beato Giovanni Paolo II proclamò santo il beato Raffaele di san Giuseppe, carmelitano polacco, che nella vita di Karol Wojtyla è stato un piccolo faro. Lo raccontò proprio il beato Giovanni Paolo nel bellissimo libro Dono e mistero, scritto per i suoi 50 anni di sacerdozio: “A Wadowice c’era un monastero carmelitano, la cui fondazione risaliva ai tempi di san Raffaele Kalinowski. Gli abitanti di Wadowice lo frequentavano in gran numero, e ciò non mancava di riflettersi in una diffusa devozione per lo scapolare della Madonna del Carmine. Anche io lo ricevetti, credo all’età di dieci anni, e lo porto tuttora. Si andava dai Carmelitani anche per confessarsi. Fu così che, tanto nella chiesa parrocchiale quanto in quella del Carmelo, si formò la mia devozione mariana durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza fino al conseguimento della maturità classica”.
Vogliamo ricordare l’omelia del giorno della canonizzazione, pronunciata da Papa Giovanni Paolo II:
«“Che fai qui, Elia? Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore” (1 Re 19, 9.11).
Il Beato Raffaele Kalinowski, che la Provvidenza Divina ci dà la gioia di proclamare oggi Santo della Chiesa di Cristo, appartiene all’antichissima tradizione del profeta Elia. Tale tradizione, collegata col Monte Carmelo nella Terra Santa e rinata nel Nuovo Testamento, ha dato una messe abbondante di vocazioni contemplative e tanti frutti di particolare santità. L’anno corrente è per il Carmelo un anno giubilare a motivo del IV centenario della morte di San Giovanni della Croce, dottore della Chiesa, il quale, accanto a Santa Teresa di Gesù, anch’essa proclamata dottore della Chiesa, con Santa Caterina da Siena, dal mio Predecessore Papa Paolo VI, contribuì al rinnovamento della vita carmelitana in ambedue i rami: maschile e femminile. Sin da quel secolo, dal secolo dei santi Teresa di Gesù e Giovanni della Croce, quest’invito indirizzato un giorno ad Elia, risuona con una forza sempre nuova nelle generazioni dei figli e delle figlie del Carmelo.
“Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Quando Raffaele di San Giuseppe, nel mondo Giuseppe Kalinowski, udì questa chiamata, aveva già percorso una lunga e difficile strada di vita, e questa è stata la “strada attraverso un tormento”. Così come quella di Elia. Prima che gli fosse dato di esclamare: “Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti” (cf. 1 Re 19, 10.14), rispondeva già con grande zelo e sacrificio offrendo la vita sull’altare della sua patria terrena, della sua tormentata nazione. L’insurrezione polacca dell’anno 1863 contro la potenza degli zar, che opprimeva i connazionali, fu considerata da molti come una lotta disperata, senza possibilità di vittoria. Tuttavia, alcuni non hanno indietreggiato di fronte ad una decisione eroica. Tra questi, c’è Giuseppe Kalinowski, ingegnere militare, il quale così si espresse: “la patria ha bisogno di sudore, non di sangue”. Vedendo però gli altri pronti a combattere, si sentì obbligato pure lui a dare la sua vita. Aderì, infatti, alla rivolta partecipando perfino ai lavori del governo di insurrezione con la sede a Vilnius. Arrestato, condannato a morte, gli fu successivamente commutata la pena a pesanti lavori forzati in Siberia. Prima che gli fosse dato di iniziare il cammino sulla via della vocazione alla vita carmelitana, dove si avvicinò all’esperienza della “notte oscura” della fede, della speranza e dell’amore di Dio, Cristo lo ha guidato attraverso la “notte oscura” dell’amore per la Patria terrena. Tornato, dopo dieci anni, dalla Siberia, si dedicò all’educazione del Principe Augusto Czartoryski, futuro salesiano, ed oggi Venerabile Servo di Dio.
“Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Incominciò la vita carmelitana avendo già compiuto quarantadue anni di età. Nel silenzio nel raccoglimento della contemplazione si nasconde un altro “movimento”. Il movimento di cui parla San Paolo: “dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù” (Fil 3, 13-14).
Questo “movimento” dello spirito umano, il movimento che porta in alto, ha una sua particolare intensità. L’intensità della rinuncia che è la sorgente di una singolare creatività nello Spirito Santo. “Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù… al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui… E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze… solo mi sforzo di correre per conquistare (il premio), perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo” (Fil 3, 8.10.12). Ordinato sacerdote, Raffaele Kalinowski si mise a lavorare nella vigna di Cristo. Fu apprezzato confessore e direttore spirituale. Istruiva le anime nella sublime scienza dell’amore a Dio, a Cristo, alla Madonna, alla Chiesa e al prossimo. Dedicava molte ore a questo umile apostolato. Sempre raccolto, sempre unito a Dio, uomo di preghiera, obbediente, sempre pronto alla rinuncia, al digiuno, alla mortificazione.
L’uomo “conquistato da Cristo”. L’uomo il cui spirito, dopo tutte le gravi esperienze della vita precedente – e anche mediante le esperienze che l’hanno fatto molto soffrire – scopre il pieno significato delle parole di Cristo pronunciate nel Cenacolo: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi… Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 9.13). Dà la vita… per i connazionali, per una grande causa comune. “Amava talmente la patria terrestre, che per la sua causa si espose alla morte” – come ho già avuto occasione di affermare il 15 novembre 1966 a Czerna, presso il suo sepolcro. Dà la vita… “per amore della Patria eterna” – come dissi nello stesso luogo – mediante la professione carmelitana, per amare ancora più pienamente a somiglianza di Cristo, diventando suo amico: “Voi siete miei amici” (Gv 15, 14). Dà la vita… per gli altri nello svolgimento del ministero sacerdotale spingendo tutti alla perfezione, alla santità. Egli diventa preghiera e lavoro volendo essere “proprietà degli altri”. Dà la vita… per la causa dell’unità della Chiesa. Arde dal desiderio di vedere uniti nello stesso ovile i fratelli Ortodossi, pieno di fiducia nell’intercessione della Vergine Santissima, tanto da essi venerata.
Rallegrati, città natale del Santo, con il tuo Santuario di “Ostra Brama”. Rallegrati, Vilnius. Rallegrati, Patria terrena del Padre Raffaele Kalinowski. Ecco, entra nella gloria degli altari il tuo figlio che, secondo dopo Fra Alberto Chmielowski, anch’egli partecipe dell’insurrezione nazionale dell’anno 1863, viene oggi proclamato Santo della Chiesa di Cristo. Rallegrati, Famiglia del Carmelo, patria spirituale di Padre Raffaele, rallegrati nell’anno del tuo giubileo! I santi sono un frutto maturo del Regno di Dio sulla terra. In essi si realizza in modo particolare la scelta di Cristo: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15, 16). Perché rimanga il tuo frutto, Padre Raffaele! Gaude, Mater Polonia! Gaude Lituania! Rallegrati, Madre di Dio, Madre del Carmelo! Rallegrati, Madre di Dio, Regina della Polonia! Madre della Chiesa, Madre di tutti i popoli! Amen».
Ocds SS. Teresa e Giuseppe