Rosa Bianca

La denominazione di Rosa Bianca (in lingua tedesca: Die Weiße Rose) fu dato ad un gruppo di studenti cristiani che si oppose in modo non violento al regime della Germania nazista. Il movimento fu attivo dal giugno 1942 al febbraio 1943, quando i principali componenti del gruppo vennero arrestati, processati e condannati a morte mediante decapitazione.

Risuonano ancora oggi tra i rigurgiti nazisti, razzisti e antireligiosi-laicisti, le parole profetiche delle rose bianche: “Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare“, scrivevano tra le altre cose nel primo dei loro manifesti. E nel terzo: “Tutti i regimi politici ideali sono utopie… Lo stato deve manifestarsi in analogia con l’ordine divino… invece lo Stato in cui viviamo è la dittatura del Maligno”. Certamente lottare contro il regime nazista, non era semplice. I ragazzi avvertivano il peso della responsabilità di cui si erano fatti carico. Sapevano che l’esito della lotta poteva sfociare nella morte.

Alexander, prima di essere ucciso scriveva ai genitori: “se dovessero rifiutare la richiesta di grazia, ricordatevi che morte non significa fine della vita. Al contrario. E’ proprio nascita, passaggio a vita nuova, a una vita splendida che dura in eterno”.

Similmente Christian Probst, giovane medico, marito e padre di due figli, condannato a morte insieme ad Hans e Sophie Scholl, il pomeriggio prima dell’esecuzione prega il cappellano del carcere di battezzarlo, dopo tanti anni di riflessioni sulla fede. Nel cortile del carcere, si accomiata dagli amici con queste parole: “Tra pochi minuti ci rivedremo nell’eternità”.

Commentare simili parole è difficile. Assaporare la bellezza della fede adamantina di questi giovani è fondamentale per respirare l’aria della libertà, a cui anelavano senza timore. Cristo era il compagno di viaggio.  Affidarsi a Lui era la ricompensa più bella.  Non potevano temere alcunché, perché avevano imparato a non volere nulla per se stessi, ma ad amare veramente, con cuore puro. “Temete il Signore e nient’altro”: così recitano le Scritture, e quei giovani lo avevano compreso. Per questo riuscirono ad essere liberi sino in fondo: non ebbero paura di essere pochi, di non avere forza a sufficienza; non ebbero timore del disonore, del fallimento, di perdere la propria vita, perché – commenta Francesco Agnoli in un articolo “I ragazzi della Rosa bianca”, “chi perde la propria vita per amore mio, la salverà”.

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