Senza fede non potremmo accettare né concepire la morte

“Senza fede non potremmo accettare né concepire la morte. Penso che debba esserci un compenso per una vita spesa bene e una punizione per chi l’ ha spesa male, contro l’ umanità”. Sofia Loren e la fede. Ne parla in una breve intervista alla Rivista del Cinematografo, il periodico di ispirazione cattolica, che si prepara al Giubileo lanciando per i prossimi numeri una lunga inchiesta dedicata al sentimento di alcuni personaggi del cinema nei confronti dei valori religiosi. Alla domanda sul rapporto tra il cinema e la fede, l’ attrice risponde che “l’ arte è già di per sé un atto di fede, un andare al di là del mondo terreno”. Tra gli autori che in qualche modo hanno messo alla prova la loro fede, la Loren ne sceglie senza esitazione due: Ingmar Bergman e Vittorio De Sica “proprio perché artisti in due sfere diverse. Il primo, astratto, direi il filosofo dell’ esistenza e quindi un esploratore profondo dell’ anima. Il secondo, il mio amato maestro De Sica, per la sua totale adesione al mondo degli umili, al valore della bontà e della comprensione fra gli uomini”. Quanto ai film che raccontano la fede, la Loren preferisce non elencarli, “anche perché credo che la fede occorre ricercarla nello spettatore, nella sua reazione rispetto alla storia filmata” e, quanto ai suoi ruoli spiega che “il mio rapporto con la fede non è da ricercare nelle trame dei miei film, ma nel mio rapporto con i personaggi, che sono stati prevalentemente quelli di un’ umanità sofferente, un’ umanità sempre sublimata dalla maternità”. Dal passato di Napoli, in riferimento al suo primo rapporto con la fede, ricorda “un mobile a Pozzuoli nella mia prima infanzia, nella stanza di mia nonna. C’ era un’ immagine della Madonna alla quale noi bambine attribuivamo poteri miracolosi, specialmente durante i bombardamenti aerei, e fu una tragedia per me e mia sorella quando la fiamma di un lumino votivo la bruciacchiò”. Secondo l’ attrice, comunque, la fede non è qualcosa che si può raccontare: “La ritengo un fatto talmente intimo e personale che mi sembra atto di vanità esternarla”.

 

Repubblica.it

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