Il cherubino di Teresa e la Teresa di Cherubini…
Non tutti sanno che l’arcinoto musicista e dj Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, è un aficionado sfegatato della nostra Santa Madre Teresa d’Avila: “Le donne che si interessano molto del divino non hanno tutte le rotelle a posto, secondo me. E infatti la mia amata Teresa d’Avila non era mica tutta sana di mente, o forse lo era troppo. Le donne sono l’ultima cosa che il Dio biblico ha creato in ordine di apparizione dopo di che si è detto soddisfatto, giusto? E allora loro sono la cosa che più assomiglia a Dio, e per questo sono esonerate dalla ricerca, loro hanno già trovato, non devono andare in cerca di un bel niente. Beate loro…”1.
Bè, su questo Teresa avrebbe molto da ridire, lei che è andata una vita alla ricerca dell’unione con il suo Amato. Ma ora vogliamo piuttosto soffermarci sul motivo per cui Jovanotti possa aver coltivato negli anni questa particolarissima devozione personale verso santa Teresa, ripercorrendo qualche brano tratto dal suo libro di memorie Gratitude, che comincia proprio prendendo il la da lei: “Sono a Riccione, in un residence di fronte al porto turistico. Sono qui per scrivere le mie memorie di 25 anni. A Riccione è iniziato tutto. Non è vero, qui c’è stato uno dei miei inizi […] forse è iniziato tutto quando mi sono trovato di fronte all’Estasi di santa Teresa del Bernini, da bambino in gita con la scuola e poi ci ho ripensato per giorni, a quell’energia”2.
È effettivamente all’insegna di S. Teresa che Jovanotti, nella sua precoce carriera, si sentirà sempre più travolgere da quell’energia creativa di cui esplicitamente parla in termini religiosi: “La creatività è un’attività come la preghiera, dev’essere incessante e profonda, deve impegnare l’animo al 100 per cento, non permette distrazioni, non ha nulla del bohémien, è una pratica devozionale vera e propria3. Non è un vanto avere una natura che tende all’ecumenismo ma di fatto a me quando realtà diverse si armonizzano mi scatta qualcosa, vedo il mondo come piace a me”4.
Ritornando al primo libro-intervista che abbiamo citato, questa religiosità artistica viene ragguagliata con ancor più precisione: “A volte penso che la risata, per esempio, o il brivido di emozione, siano proprio dei passaggi che si aprono per un attimo e mostrano la condizione che ha a che fare con il paradiso di cui parlano i santi. Hai mai visto l’estasi di santa Teresa di Bernini? È una statua che sta a Roma in una chiesa. Io l’ho vista tante volte da piccolo e per qualche motivo che allora già sapevo ma non sapevo di sapere mi colpiva e mi restava impressa con molta forza. Sto parlando dell’estasi, di quella condizione che ha a che fare con l’amore, con lo sport, con la musica, con lo spirito, con la realtà che si illumina di colpo. Ecco. Dimmi se santa Teresa qui non ti sembra una che sta facendo l’amore. Guarda l’angelo e la freccia e lei come si dispone rispetto alla freccia e guarda la sua mano che cade giù quasi priva di sensi. Insomma non c’è bisogno di saperne di arte per vedere chiaramente quello che Bernini intendeva quando dal marmo ha tirato fuori questa roba. E non è potente questa roba? E non è pura energia pop? Pensa cosa poteva provare un uomo del seicento o una signorina entrando in quella chiesa e trovandosi di fronte questa cosa. Micidiale5. Io a volte nella musica ho davvero toccato il cuore del cosmo, giuro, non è una cazzata, mi è capitato da quando mettevo dischi nei locali e per me quella era la vita stessa, ogni sera ero il re indiscusso dell’universo intero e quella cosa si è rinnovata negli anni, non in modo meccanico e stabile ma è successo. È la solita estasi di santa Teresa…”6.
Da quest’ultimo brano si deduce bene come l’estasi di S. Teresa per Jovanotti, più che un semplice esempio esotico, sia stata realmente paradigmatica del suo modo di intendere l’arte, il processo creativo.
La trasverberazione di Teresa
Ora, dal punto di vista di un frate carmelitano figlio di Teresa, cosa possiamo dire? Jovanotti cosa ha capito dell’estasi di S. Teresa, e come mai ne è stato così folgorato? Prima di rispondere a queste domande dobbiamo puntualizzare cosa successe realmente durante le estasi di S. Teresa, e più precisamente in quella immortalata dal Bernini e che ha il nome tecnico di “trasverberazione” (dal latino transverberare – ‘passare da parte a parte, trafiggere’). Proviamo a contestualizzarla citando le parole con cui la stessa Santa Madre la descrive, nel Libro della sua vita: “Mentre ero in questo stato, piacque a Dio di favorirmi a più riprese con la seguente visione. Vedevo vicino a me, al lato sinistro, un angelo in forma corporea. È raro che veda gli angeli in questo modo […] Non era grande, ma piccolo e molto bello: dall’ardore del volto pareva uno di quegli spiriti sublimi che sembra si consumino tutti in amore, e credo si chiamino Cherubini. […] Quel Cherubino teneva in mano un lungo dardo d’oro, sulla cui punta di ferro sembrava avere un po’ di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, cacciandomelo dentro fino alle viscere, che poi mi sembrava strappar fuori quando ritirava il dardo, lasciandomi avvolta in una fornace di amore. Lo spasimo della ferita era così vivo che mi faceva uscire nei gemiti di cui ho parlato più sopra, ma insieme pure tanto dolce da impedirmi di desiderarne la fine e di cercare altro diversivo fuori che in Dio. Benché non sia un dolore fisico ma spirituale, vi partecipa un poco anche il corpo, anzi molto. Allora tra l’anima e Dio passa come un soavissimo idillio. E io prego la divina bontà di farne parte a coloro che non mi credessero”7.
Questo avvenne – più volte, come lei dice – nel 1560, quando Teresa ha 45 anni. Dopo venti interminabili anni di vivacchiamento spirituale, Teresa ha finalmente cominciato, a quarant’anni, la sua appassionata vita mistica, strappata e convertita dalla sua mondanità dalla visione di una statua di un Cristo flagellato. Da quel momento fiumi di grazie si riversano su Teresa: visioni e locuzioni interiori, rapimenti ed estasi, come quelle descritte nel brano succitato. Ma è forse questo il culmine della sua esperienza mistica? Siamo solo agli inizi! Siamo ancora nella fase del “fidanzamento spirituale” (cominciato nel 1556 con l’invito rivoltole da Gesù a “non avere più conversazioni con uomini, ma con angeli”), fidanzamento che culminerà soltanto molti anni dopo, nel 1572, con la grazia del “matrimonio spirituale” (con cui il Cristo le dirà che da quel momento in poi sarà sua sposa, e che “il mio onore è ormai il tuo e il tuo il mio”), sposalizio in virtù del quale l’unione mistica diverrà permanente e non più episodica come in precedenza.
Fra questi due poli, dunque, si situa la grazia della trasverberazione, che pertanto non è affatto la più importante di quelle ricevute da Teresa, per quanto forse la più “spettacolare”. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che nella vita mistica quel che è più importante è quel che è meno visibile, e che il vertice dell’unione mistica trasformante – l’unione della volontà umana con quella divina – è raggiungibile da ogni fedele anche senza passare per fenomeni straordinari quali quelli che normalmente vengono chiamati “mistici”. In realtà tutta la vita di un cristiano, a partire dai sacramenti (“mysteria”), è mistica nella misura in cui coi sacramenti si diviene partecipi della vita divina, che ne si sia consapevoli o meno. I fenomeni straordinari “mistici”, infatti, sono solo la visibilizzazione in tappe di un cammino che è aperto a tutti: grazie speciali che Dio concede a chi vuole e come vuole per ricordare il dono gratuito fatto a tutti della sua intima comunione con noi (cf. il Catechismo della Chiesa Cattolica n° 2014).
Mistica ed eros
Seguendo questo approccio, cosa c’insegna la grazia della trasverberazione? Qual è il suo significato universale, sperimentabile da tutti, visibilizzato nel 1560 nella vita di Teresa e nel 1652 nella scultura del Bernini, nella chiesa romana di S. Maria della Vittoria? Jovanotti, come del resto quasi tutti quello che assistono a quest’opera, ha pensato subito al sesso. E non ha sbagliato. Il legame fra mistica ed eros c’è, eccome! Quello su cui invece non ci si sofferma, capitombolando in superficiali conclusioni, è la direzione di senso di questo legame. Ovvero: è l’esperienza mistica una sublimazione dell’eros? O forse non è l’esperienza sessuale una pallida eco, per quanto potente, di quell’amore che move il sole e le altre stelle, di quella comunione con Dio cui siamo tutti chiamati? I mistici di tutti i tempi, con i loro rapimenti e con il loro linguaggio smaccatamente erotico, non fanno altro che ricordare ciò all’umanità. Così fa la stessa Sacra Scrittura, ponendo al centro della Bibbia il Cantico dei Cantici, libro in cui non appare mai la parola “Dio” precisamente per dimostrare che niente ci parla meglio di Dio quanto quella travolgente storia d’amore lì poetata.
È stata, invece, la dottrina luterana ad aver messo in contrapposizione l’eros umano (che sarebbe solo egoismo) con l’amore divino (l’agape, che sarebbe solo oblazione disinteressata); mentre mai lo ha fatto la dottrina cattolica – e questo spiega, del resto, perché un Bernini o un Rubens, con l’esuberante carica erotica delle loro opere, sarebbero stati impensabili in ambito protestante. C’è anche chi sostiene8, ben a diritto, che mistici come S. Giovanni della Croce e S. Teresa d’Avila siano stati suscitati dallo Spirito Santo, nel Cinquecento, proprio come contrappeso provvidenziale a quella manichea visione dell’amore cominciata con Lutero e sfociata poi, più tardi, nel puritanesimo. Visione che Jovanotti ha impropriamente attribuisce alla Chiesa cattolica definendola “sessuofoba” – e non rendendosi conto di come proprio la sua amata Teresa e il Bernini, campioni del cattolicesimo, siano la sconfessione più plateale di questa tesi9.
Ora, assodato che l’eros non è in contrapposizione con l’unione mistica, ma semmai trova in essa il suo compimento10, aggiungiamo che c’è un altro fondamentale tratto in comune fra l’eros e la mistica – e nello specifico fra l’unione carnale e la trasverberazione – che spiega ulteriormente, a nostro parere, il fascino provato dal Cherubini per questo fenomeno e il suo frequente ritornare ad esso per parlare della propria creatività: è il tratto della fecondità. Una unione sessuale che voglia essere veramente tale – e non semplicemente ginnastica, o masturbazione assistita – è infatti ordinata e aperta alla procreazione. Ugualmente la grazia della trasverberazione: “le grazie straordinarie, che aiutano così tanto santa Teresa a giungere all’unione trasformante, sono una preparazione evidente alla sua missione di riformatrice e di maestra di vita spirituale. La visione e gli assalti del cherubino le conferiscono visibilmente la grazia della maternità. Lei stessa riconosce la luce e l’efficace sostegno trovato in queste grazie”11. Difatti, di lì a poco, nel 1562 Teresa comincerà la sua prolifica opera di riformatrice del Carmelo e di fondatrice di conventi e monasteri, fra carteggi interminabili con le massime autorità del tempo, con le mani pienamente in pasta fra burocrazia, edilizia e direzione di anime, sempre all’opera fra corrieri, manovali e scritti spirituali, in un ruolo ben difficilmente conciliabile con quello di chi vedrebbe in lei solo un’isterica preda di deliqui sublimati. È Marta che va d’accordo con Maria, è la vera vita mistica che non serve per “vezzeggiare le anime”, ma per produrre “opere, opere e opere”, per diventare “schiavi del mondo” al fine di annunciarvi Cristo e portare a Dio quanti più figli e figlie possibili12. In sintesi, fra le tante grazie mistiche, quella della trasverberazione – come testimoniato anche da altri santi che l’hanno vissuta, quali S. Pio da Pietrelcina – è precisamente la grazia della fecondità spirituale.
Mistica ed arte
Ed è proprio in questa fecondità – sofferta fecondità – che l’esperienza mistica e l’esperienza artistica si incontrano: come il mistico compenetrato dall’amore di Dio non può non concepire opere di carità, così l’artista folgorato dalla Bellezza non può non partorire opere d’arte: “In effetti, ogni autentica intuizione artistica va oltre ciò che percepiscono i sensi e, penetrando la realtà, si sforza di interpretarne il mistero nascosto. Essa scaturisce dal profondo dell’animo umano, là dove l’aspirazione a dare un senso alla propria vita si accompagna alla percezione fugace della bellezza e della misteriosa unità delle cose. Un’esperienza condivisa da tutti gli artisti è quella del divario incolmabile che esiste tra l’opera delle loro mani, per quanto riuscita essa sia, e la perfezione folgorante della bellezza percepita nel fervore del momento creativo: quanto essi riescono ad esprimere in ciò che dipingono, scolpiscono, creano non è che un barlume di quello splendore che è balenato per qualche istante davanti agli occhi del loro spirito”13.
Analogamente soffre la mistica: “l’anima si duole per l’assenza di Dio, ma non è lei che ne procura la pena, bensì una certa saetta che di quando in quando le penetra il cuore e le viscere sì al vivo, da lasciarla come incapace di fare e di volere alcuna cosa. Capisce solo che vuole il suo Dio e che il dardo da cui è ferita pare temprato con il succo di un’erba che le fa odiare se stessa per amore di Dio, in servizio del quale sacrificherebbe volentieri la propria vita. È inesprimibile il modo con cui Dio ferisce l’anima. Il tormento è così vivo che l’anima esce fuori di sé, benché insieme sia tanto dolce da non poter essere paragonato ad alcun piacere della terra. Perciò, come ho detto, l’anima vorrebbe star sempre morendo per la forza di quel male”14.
È in questa crucifiggente fecondità la sublime creatività dei mistici, che divora la loro vita per porla al servizio degli altri, in una procreazione carismatica che altro non è che partecipazione al potere creatore di Dio che vive potentemente in loro15. Ma a questa fecondità può anche rimandare la drammatica creatività degli artisti, apportatrice di opere d’arte che appagano e al contempo risvegliano la sete d’Infinito che irrompe sempre più potente nei loro animi.
L’estasi di Teresa è stata dunque, catalizzata dal genio scultoreo del Bernini, come un trait d’union fra questi due tipi di creatività, quella mistica e quella artistica, l’una più entusiasmante dell’altra: e Jovanotti, col genio tipico dei bambini, deve aver colto un barlume di tutto questo in quella mattina in cui lo portarono in gita a S. Maria della Vittoria, “dove è iniziato tutto”. Ne sarebbe rimasto segnato per tutta la sua vita d’artista: e certo non è un caso che la sua “opera” più bella, la sua figlia oggi diciottenne, sia stata battezzata col nome di Teresa.
Mistica e Rock
In conclusione, sottolinea la nostra Teresa, quest’amore creativo e fecondo, pur così erotico, è tutto tranne che egoistico: è l’eros non sublimato, ma redento; è un cuore non sulla sabbia dei sentimenti, ma sulla Roccia; è la passione che sa vivere la Passione.
L’intuito vivace di Jovanotti ha colto forse qualcosa anche di ciò, parlando dei suoi tour: “Non è una questione di ego, come molti pensano, non si tratta di un pompaggio dell’ego a livelli estremi, ma al contrario si tratta di farlo fuori questo benedetto ego, di essere lì al servizio della musica, della festa, del pubblico, della band, delle luci, del racconto. I vecchi saggi dicono che per cercare il sacro Graal la prima cosa da fare è ammazzare l’ego. Non la metterei già così dura, si tratta di rock’n’roll, ma un po’ di sacro Graal va tenuto in considerazione…”16.
E invece si tratta proprio di metterla giù dura, gli risponderebbe Teresa! Qui sta la bruciante differenza fra la creatività degli artisti, che talvolta non ha il coraggio di “buttarsi” completamente, e quella dei mistici, che quel coraggio lo ha, ma solo perché non poggia più su se stessa: “Orsù dunque, figliuole mie, mettetevi subito al lavoro! Tessiamo questo piccolo bozzolo mediante lo spogliamento di ogni nostro amor proprio e volontà, distaccandoci da ogni cosa terrena e praticando opere di penitenza, di orazione, di meditazione e di obbedienza, con tutto il resto che già sapete. Oh, se mettessimo in pratica tutto quello che sappiamo e che ci hanno insegnato! E poi muoia, muoia pure questo verme, come il baco da seta dopo aver fatto il suo lavoro! Allora ci accorgeremo di vedere Dio e ci sentiremo sepolte nella sua grandezza, come il piccolo verme nel suo bozzolo”17.
E si rinascerà allora con battiti di ali di farfalla, non quella della canzone di Jovanotti, ma quella raccontata nelle quinte dimore del Castello interiore: è l’anima risorta e trasfigurata dall’incontro col Suo Sposo, morto d’amore per lei, il quale vuole si faccia sul serio e senza titubanze: non “un cristo che pende sopra il mio cuscino con un buddha sereno sopra il comodino”18. Su questo, siamo certi, Teresa avrebbe dato una sonora tiratina d’orecchie al suo Lorenzo.
F. Iacopo Iadarola ocd
Note:
1 L. Cherubini – F. Bolelli, Viva tutto!, Add editore 2010, p. 424-425.
2 Jovanotti, Gratitude, Einaudi 2013, p. 5.
3 Id., p. 41.
4 Id., p. 132.
5 L. Cherubini – F. Bolelli, op. cit., p.21.
6 Id., p. 113.
7 Teresa di Gesù, Libro della mia vita XXIX, 13.
8 Cf. in particolare P. Antonio Sicari ocd, Il «Divino Cantico» di San Giovanni della Croce, Jaca Book 2011.
9 Per quanto, certamente, possa esserci stata una corrente sessuofobica anche all’interno della Chiesa Cattolica. Illuminanti a questo riguardo le parole di F. Hadjadj: “È pertanto un grave fraintendimento agitare la fede cristiana in una qualsivoglia asta moralizzatrice. I Gesuiti e la Controriforma ne sapevano qualcosa. Sbatterono gli eccessi di un Rubens in faccia ai chiacchieroni puritani, apposta per farli infuriare ancora di più. Claudel ne conserva un’eco nella Scarpetta di Raso. Il vicerè di Napoli afferma che solo il grande pittore della carne cruda può liberare le Fiandre dall’eresia protestante. Il suo cappellano immediatamente esclama: «Non avrei mai creduto che Rubens predicasse il Vangelo!». E il viceré gli risponde secondo la più rigorosa ortodossia: «Quei tristi riformatori che altro non hanno mai voluto fare se non prendere la parte di Dio, riducendo la chimica della salvezza tra Dio e l’uomo a un moto di fede, a una transazione personale e clandestina in un piccolo studiolo, separando il credente dal suo corpo secolarizzato…E chi dunque meglio di Rubens ha glorificato la Carne e il Sangue; quella stessa carne e quello stesso sangue che un Dio ha desiderato assumere e che sono lo strumento della nostra redenzione? Si dice che le pietre stesse grideranno! Solo al corpo umano rifiuterete il suo linguaggio? E’ Rubens che trasforma l’acqua insipida e fuggente in vino eterno e generoso»” (in Mistica della carne. La profondità dei sessi, Medusa 2009, p. 167-168). Hadjadj ha anche dedicato un bellissimo capitolo del suo libro Il paradiso alla porta. Saggio su una gioia scomoda (Lindau 2013) all’opera scultorea del Bernini.
10 Esaustiva su questo argomento l’enciclica Deus caritas est di Benedetto XVI, cf. specialmente i nn° 2-18.
11 Beato Maria Eugenio di Gesù Bambino ocd, Voglio vedere Dio, Libreria editrice vaticana 2009, p. 1240.
12 Su tutto questo cf. le settime dimore del Castello interiore.
13 S. Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti.
14 Teresa di Gesù, Libro della mia vita XXIX, 10.
15 Il nostro Santo Padre Giovanni della Croce spende parole reverenziali e profetiche per la trasverberazione di S. Teresa, mettendola esplicitamente in relazione con il suo carisma di maternità e fecondità spirituale: “Esiste però un’altra maniera, molto sublime, di cauterizzare l’anima, sotto forma intellettuale, ed è la seguente: può accadere che, essendo l’anima infiammata d’amore di Dio […] si senta investire da un serafino con una freccia o un dardo ardentissimo del fuoco d’amore. Trapassando l’anima già incendiata come brace, o meglio simile a fiamma, la cauterizza in modo sublime. E allora, cauterizzandola con la freccia che la trapassa, fa sì che la sua fiamma si sprigioni con veemenza, come quella d’una fornace ardente o d’una fucina quando vi si attizza il fuoco e la fiamma si ravviva e s’innalza. Così, quando l’anima è ferita da questo dardo acceso, sente la piaga con indicibile diletto. Essa, oltre a trovarsi tutta piena di soavità, quando riceve il colpo impetuoso del serafino, prova un grande ardore e uno struggimento d’amore; sente altresì la dolce ferita e la virtù dell’erba che è servita a ben temprare il ferro, la cui punta acuta, penetrando la sostanza dello spirito, è riuscita a trapassare il suo cuore […] Poche sono le anime che arrivano a simili vertici. Ve ne sono alcune, tuttavia, che li hanno raggiunti: sono soprattutto persone la cui virtù e il cui spirito si dovevano trasmettere successivamente ai loro figli. Dio infatti concede ai fondatori tesori e grandezze, nelle primizie dello spirito, in proporzione al numero più o meno grande di seguaci che avranno la loro regola e il loro spirito” (Fiamma d’amor viva II,9-12).
16 Jovanotti, Gratitude, op. cit., p. 171.
17 Teresa di Gesù, Castello interiore V, 2, 6.
18 Dal testo della canzone Questa è la mia casa.