Una fidanzata santa

Una fidanzata santa? Ne era profondamente convinto don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, che dopo gli “sposi santi”, i “genitori santi” e gli “amici santi” si augurava di veder presto Sandra Sabattini sugli altari.

Nasce a Riccione il 19 agosto 1961, respirando fede fin da piccolina e ancor più quando, insieme ai genitori ed al fratellino, va a vivere nella canonica dello zio prete, a Misano Adriatico. A poco più di 10 anni comincia a scrivere riflessioni e pensieri spirituali all’insaputa di tutti, precoce sintomo di un intenso percorso spirituale destinato a portarla lontano. A 12 anni incontra don Benzi e la “Papa Giovanni”; due anni dopo già partecipa ad un soggiorno per adolescenti sulle Dolomiti con disabili gravi, dal quale ritorna con le idee estremamente chiare: “Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai”. Inizia una intensa e limpida relazione con Dio, tanto che allo zio prete diventa sempre più naturale trovarla in adorazione davanti all’Eucaristia, mentre genitori ed amici, sempre più spesso, la vedono, di norma seduta a terra, assorta in meditazione o impegnata nella lettura dei salmi. Sandra ha scelto Dio, e lo si vede; di conseguenza sceglie i poveri, ai quali dedica tutto il tempo libero. Oltre ad incontrarli alla “Papa Giovanni” nei disabili e nei tossicodipendenti, li va a cercare di casa in casa, perché i poveri esistono anche in parrocchia e in Sandra si sviluppa come un sesto senso per scoprire le povertà nascoste.

Nel 1980 ottiene il diploma di maturità scientifica a Rimini e poi si iscrive a medicina, all’università di Bologna. Si tratta di una scelta maturata nella faticosa ricerca del progetto di Dio su di lei: per questo ha coinvolto in essa gli amici della Comunità e i suoi consiglieri spirituali. Uno dei suoi sogni è di essere medico missionario in Africa, dove anzi, solo se potesse, ci andrebbe già da subito, mentre papà le chiede di fare un passo alla volta, terminando prima gli studi. Sandra, infatti, non è diversa dalla sue coetanee: in casa discute con i famigliari, fuori fa le sue battaglie in nome della giustizia e dell’uguaglianza, pratica sport, studia pianoforte, canta in un coro. Tutte cose però, e qui sta la diversità, dalle quali Dio non è estraneo: “quando ho amato davvero, ho sentito che Dio riempiva tutto e tutti”, scrive.

Così Dio non è affatto estraneo anche a quel sentimento che le nasce in cuore nei confronti di Guido, un ragazzo poco più grande di lei, di cui si innamora e con il quale comincia a progettare il suo futuro. Fidanzati come se non lo fossero, almeno secondo la mentalità corrente che non sa più vivere l’attesa e brucia tutto nella frettolosità di rapporti che dell’amore hanno davvero solo più la parvenza, vivono insieme la castità di una conoscenza reciproca alla luce della Parola. Che poco a poco modella in lei uno stile di radicalità evangelica che le fa dire: “Oggi c’è un’inflazione di buoni cristiani, mentre il mondo ha bisogno di santi”. E lei, che non si accontenta di far parte dei primi, aspira alla santità correggendo le sue fragilità e affinando la sua condivisione con i poveri.

Il 29 aprile 1984, ad Igea Marina, mentre va ad un incontro della Comunità, viene investita da una macchina, entra in coma e muore il 2 maggio.

Don Oreste Benzi, da sempre convinto di avere in Sandra un modello giovanile di eccezionale fedeltà evangelica, spinge per l’apertura della Causa di beatificazione, che si avvia nel 2006, raccogliendo e vagliando una sessantina di testimonianze. Nel 2009, a 25 anni dalla morte, si pensa di traslare i suoi resti in chiesa, ma quando viene tolta la terra che copre la bara, di Sandra non c’è più nulla, neppure un osso. “Sandra non dev’essere cercata tra i morti”, aveva detto don Benzi e il vescovo di Rimini, mons. Lambiasi, semplicemente commenta: “il chicco di grano che ha il volto e il nome di Sandra è caduto talmente in terra da sciogliersi completamente, da farsi terra”. Ed ha voluto ugualmente in chiesa il sarcofago, che proprio perché destinato a restare vuoto, più che una tomba è un monumento alla risurrezione.

 

Santiebeati

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