La grande santa Teresa d’Avila ammaestrava e raccomandava alle sue monache di suffragare generosamente le anime purganti con la recita dei Rosari, perché ogni Ave Maria è un sollievo, è un ristoro per quelle penanti nel fuoco dell’espiazione e della separazione da Dio Amore. Per questo sant’Alfonso de’ Liguori, ammaestrato da santa Teresa d’Avila, raccomandava: “Se vogliamo aiutare le anime del Purgatorio, recitiamo per loro il Rosario che arreca grande sollievo”.
San Pio da Pietralcina, donando la corona del Rosario a qualcuno, diceva: “Facciamo tesoro del Rosario. Vuotiamo il Purgatorio!” Sarebbe davvero salutare tener presente questa esortazione di san Pio da Pietralcina, soprattutto in occasione della morte dei nostri parenti, per i quali, di solito, siamo pronti a versare lagrime e a spendere soldi in corone di fiori, mentre potremmo donare a loro le corone ben più preziose e sante dei Rosari recitati senza stancarci. È antico nella Chiesa l’insegnamento sull’efficacia del Rosario nell’alleviare le anime purganti dalle loro sofferenze e liberarle, dal Purgatorio.
In una cappella del santuario della Madonna dei martiri, a Fonni (Nu), cittadella francescana dei Minori Osservanti, il pittore Gregorio Are ha dipinto nel 1757 le scene dei tre regni oltremondani: il Paradiso, il Purgatorio e l’Inferno. Nella visione del Purgatorio, ambientata tra le fiamme come quella dell’Inferno, tutt’altro è però l’atteggiamento dei purganti. Pur immersi nel fuoco, essi hanno tutti gli occhi rivolti al cielo ed esprimono la preghiera di veder ridotto il tempo di espiazione della pena.
Tra di essi si riconoscono preti tonsurati, vescovi con la mitria, sovrani con la corona, religiosi con la chierica. Un angelo scende dal cielo a raccogliere un’anima che ha terminato l’espiazione, per condurla in paradiso. Il pittore ha voluto descrivere tre interventi divini che i vivi possono intercedere a favore delle anime del Purgatorio. Il primo, al centro, è l’intervento della Madonna del Carmine: molti purganti portano lo Scapolare del Carmine per assicurarsi la protezione di Maria e la sua intercessione per una sollecita liberazione dal Purgatorio. Il secondo intervento è quello di San Francesco d’Assisi, simbolizzato dal cordone con i tre nodi che viene allungato ai purganti per liberarli dalla pena. Il terzo intervento è quello di papa Gregorio che allude al beneficio delle Messe gregoriane da celebrare a favore delle anime purganti.
La permanenza in Purgatorio può essere quindi ridotta, anche fortemente, dalle preghiere intercessorie dei vivi superstiti. In alcune rappresentazioni ultraterrene la liberazione dei prigionieri è opera degli angeli scesi dal cielo. Sul fuoco volteggiano infatti angeli misericordiosi che portano alle anime sofferenti il sollievo di una brocca d’acqua refrigerante, il vaso di un unguento che cura le ustioni, un calice colmo di particole delle Messe offerte in suffragio, una veste candida simbolo di salvezza.
«Qua hora non putatis veniam et metam» («In un’ora che non conoscete verrò e mieterò»). Lc 12,40
Tratto da Camminare nella storia blog